mercoledì 19 dicembre 2012
venerdì 14 dicembre 2012
mercoledì 12 dicembre 2012
domenica 9 dicembre 2012
giovedì 6 dicembre 2012
martedì 4 dicembre 2012
lunedì 3 dicembre 2012
sabato 1 dicembre 2012
venerdì 23 novembre 2012
lunedì 12 novembre 2012
domenica 11 novembre 2012
sabato 27 ottobre 2012
martedì 16 ottobre 2012
sabato 13 ottobre 2012
Come viene eletto l’uomo più potente del mondo? Il complesso meccanismo delle presidenziali USA
Nell’immaginario collettivo della
popolazione mondiale, negli Stati Uniti d’America il Presidente è eletto per votazione
diretta dai cittadini…spiacente, le informazioni che avete avuto fino ad ora
erano quantomeno inesatte; ma non è tutta colpa vostra, ai media fa comodo far
credere che le cose vadano così. Prima di tutto ogni singolo cittadino
statunitense per partecipare alle votazioni deve iscriversi con congruo
anticipo alle liste elettorali presso un qualsiasi ufficio pubblico: al
compimento del diciottesimo anno di età è possibile effettuare questa
registrazione, quindi ad oggi i potenziali elettori sarebbero circa 200
milioni.
Nel 2000 si iscrissero alle liste
elettorali in 130 milioni ed i votanti effettivi furono 111 milioni; nel 2004
ci fu il record di iscrizioni per votare, ben 143 milioni e di questi si
recarono alle urne in 126 milioni. Al momento della registrazione l’elettore
può dichiararsi democratico, repubblicano o indipendente così da partecipare
anche alle Primarie “chiuse”, ovvero le consultazioni per scegliere il
candidato presidente del proprio partito; quest’adesione, ad ogni modo, non
comporta alcun obbligo o assegnazione di una qualsiasi tessera, ed è pertanto
possibile anche cambiare schieramento e preferenza al momento dell’elezione
presidenziale.
Per diventare presidente, a parte i tre
requisiti imposti dalla Costituzione (almeno 35 anni di età, americano per
nascita, residente negli USA da oltre 14 anni), si devono superare diversi
ostacoli prettamente interni ad ogni singolo schieramento politico. Per prima
cosa ci sono i Caucus, ossia
“consiglio ristretto”, che non sono altro che riunioni degli attivisti politici
a livello distrettuale che selezionano i delegati del partito per i comizi provinciali,
i quali a loro volta scelgono i delegati per i comizi a livello statale: questi
indicano i delegati alla Convention
nazionale del partito che elegge il candidato presidente. Il passo decisivo
che, la maggior parte delle volte porta a veri e propri scontri fratricidi,
avviene nelle Primarie, ossia
elezioni interne al partito che servono per scegliere il candidato a una certa
carica pubblica (il Presidente ma anche deputati, senatori e governatori); si
svolgono in ogni Stato e possono essere “chiuse”, cioè riservate a chi
iscrivendosi nelle liste elettorali si è dichiarato elettore di quel partito,
oppure “aperte”, ovvero accessibili a tutti i cittadini.
Meta finale di questo percorso per
accaparrarsi la candidatura a Presidente è la Convention, che altro non è che l’investitura simbolica da parte
del partito che elegge il suo rappresentante alle elezioni in questo
appuntamento conclusivo del sistema passato per Primarie e Caucus. Insieme
al Presidente, e come accade ogni due anni in novembre, i cittadini votano
anche per rinnovare l’intera Camera
(435 membri) ed un terzo del Senato
(24 dei 100 membri cercano la riconferma).
Negli Stati Uniti d’America i cittadini
hanno cinque strumenti per votare, diversissimi tra loro, e che si
differenziano anche per comodità ed affidabilità: lo Scan ottico permette di rilevare la preferenza sulla scheda con uno
scanner, un lettore ottico; il Direct
Recording Electronic (o touch screen) permette all’elettore di votare
toccando lo schermo interattivo di un computer (questo strumento non produce
alcuna registrazione cartacea, il che impedisce un eventuale controllo
incrociato dei voti); il Lever è un
sistema meccanico che consente di esprimere il proprio voto azionando una serie
di levette; il Punchcards è un
meccanismo a punzonatura in cui la scheda viene perforata con un punteruolo per
dare la propria preferenza (nel 2000 questo sistema creò non poche difficoltà
in Florida per lo spoglio conclusivo); poi c’è la scheda cartacea utilizzata
soprattutto negli Stati centrali, e utilizzata, naturalmente per l’Absentee vote, ossia il voto per
posta che permette ai non residenti di esprimere la loro preferenza solo nel
caso si siano registrati preventivamente presso le sedi diplomatiche o si siano
fatti inviare la scheda in questione dal proprio ufficio elettorale.
I cittadini che hanno dimenticato
d’iscriversi per tempo nelle liste elettorali o non lo hanno fatto per vari
altri motivi ma poi decidono lo stesso di andare a votare, lo possono fare: le
loro preferenze verranno messe da parte ed eventualmente prese in
considerazione e conteggiate dopo dieci giorni dall’Election Day (sempre il primo martedì dopo il primo lunedì di
novembre, ogni 4 anni) nel caso risultassero decisivi per l’assegnazione di
quel determinato Stato i voti cosiddetti Provisional,
provvisori: ad ogni modo, nella storia delle elezioni presidenziali
statunitensi, quasi mai sono state conteggiate queste preferenze.
Come già detto in precedenza con il voto ai seggi i cittadini non eleggono direttamente il Presidente ma nominano un collegio elettorale di 538 Grandi Elettori: il numero dei Grandi Elettori a disposizione di ogni Stato è pari al numero dei suoi senatori (sempre due per ogni Stato) sommato al numero dei rappresentanti alla Camera (che può variare ad ogni censimento decennale, e quindi ogni Stato dispone di un bacino di grandi elettori in proporzione al numero degli abitanti); al totale vanno aggiunti i tre fissi che rappresentano il Distretto di Columbia.
I Grandi Elettori vengono assegnati a
livello statale con un criterio squisitamente uninominale, unica eccezione lo
Stato del Maine, dove l’assegnazione avviene con un sistema proporzionale: il
candidato alla presidenza che ottiene più voti popolari, conquista l’intero
pacchetto di Grandi Elettori di quello Stato.
I candidati alla carica di Grande Elettore sono scelti dai partiti, secondo modalità che variano da Stato a Stato; inoltre in dieci Stati, tra cui Kansas e Mississipi, il loro nome compare sulle schede insieme a quello dei candidati alla Presidenza e alla Vicepresidenza. Il lunedì successivo al secondo mercoledì di dicembre i Grandi Elettori convergono nelle capitali dei rispettivi Stati e procedono alle votazioni, una per il Presidente e una per il Vicepresidente: le loro schede elettorali sono inviate al Presidente del Senato che, il successivo 6 gennaio, ne dà lettura di fronte ad entrambe le Camere del Congresso in seduta congiunta.
Nel caso in cui nessuno dei due
candidati abbia raggiunto la soglia dei 270 voti utili ad avere la maggioranza
dell’intero collegio di Grandi Elettori, è la Camera a scegliere il Presidente.
Questo sistema elettorale oltre alla confusione che crea normalmente ogni quattro
anni, tra false registrazioni alle liste elettorali addirittura di gente
deceduta o impossibilità per alcuni cittadini di sapere dove andare ad
iscriversi e quindi negazione del diritto di votare (per non parlare di milioni
di non residenti che o non sanno se le loro preferenze serviranno mai a
qualcosa o non hanno la possibilità di esprimerle dato che non risultano i loro
nomi nelle sedi diplomatiche e le schede arrivano a domicilio raramente), porta
ad anomalie che fanno riflettere non poco se associate all’elezione dell’uomo
più potente del mondo, Presidente di quella che è considerata la più grande
democrazia esistente: innanzitutto non essendoci il voto popolare diretto è
possibile che il candidato che ottiene più preferenze popolari perda le elezioni;
è già successo nel 1824 quando John Quincy Adams fu preferito dalla Camera ad
Andrew Jackson che pure aveva ottenuto sia più voti popolari che Grandi
Elettori di lui (ma, naturalmente, non tutti i 270 voti necessari); poi è
capitato nel 1876 quando Hayes prevalse su Tilden per Grandi Elettori ma non
per volontà popolare; allo stesso modo, nel 1888, Benjamin Harrison sconfisse
Cleveland e, nel 2000, George W. Bush la spuntò su Al Gore.
Questa è una conseguenza dell’origine
federale degli USA: ciascuno Stato ha le proprie leggi in materia di elezioni e
di nomina dei Grandi Elettori, nonché nella scelta dei meccanismi di voto;
infatti, con il passare degli anni, molti Stati stanno cercando di riparare a
questa grossa falla del sistema elettorale emanando leggi che impongano ai loro
Grandi Elettori di non tradire il voto popolare.
Tutto ciò era stato deciso dai Padri
Costituenti che avevano scelto questo meccanismo non fidandosi in tutto e per
tutto del popolo e concependo l’idea di questi delegati il cui compito cessava
con la nomina del Presidente, indipendentemente dal mandato dei
cittadini-elettori…sarà patetica come sensazione ma non mi sembra il non plus
ultra della democrazia l’idea originaria dei Padri Costituenti: segni
premonitori? Chi lo sa!
La grande corsa alla Casa Bianca termina
con l’insediamento: a mezzogiorno del 20
gennaio, il Presidente, prima di entrare in carica, pronuncia la seguente
dichiarazione di giuramento: “Giuro solennemente che adempierò con fedeltà
all’ufficio di Presidente degli Stati Uniti e che con tutte le mie forze
preserverò, proteggerò e difenderò la Costituzione degli Stati Uniti”
Non poche volte colui che ha pronunciato questo giuramento si è trovato ad essere smentito dai fatti, vuoi per incompetenza, vuoi per negligenza, vuoi per manie di onnipotenza: e purtroppo ad essere tradito in questi casi non è stato solo il popolo americano ma la gran parte della popolazione mondiale le cui sorti dipendono dalle decisioni della Casa Bianca.
A breve una minuscola parte di
americani, chissà quanto rappresentativa dei propri connazionali, dovrà
scegliere il nuovo Presidente USA : riconfermare Barack Obama o scegliere lo
squalo Romney?
Nelle critiche condizioni economiche e
non in cui versa l’America servirebbe una svolta epocale…un Presidente che
rispetti la Costituzione.
Paco De Renzis
domenica 7 ottobre 2012
sabato 6 ottobre 2012
lunedì 1 ottobre 2012
martedì 25 settembre 2012
venerdì 21 settembre 2012
giovedì 20 settembre 2012
giovedì 6 settembre 2012
mercoledì 22 agosto 2012
martedì 14 agosto 2012
lunedì 13 agosto 2012
giovedì 9 agosto 2012
martedì 7 agosto 2012
sabato 4 agosto 2012
giovedì 2 agosto 2012
mercoledì 1 agosto 2012
mercoledì 18 luglio 2012
domenica 15 luglio 2012
mercoledì 11 luglio 2012
lunedì 9 luglio 2012
Addio ad Ernest Borgnine, attore-cult grazie a Il Mucchio Selvaggio e Quella Sporca Dozzina
Addio ad Ernest Borgnine, attore-cult grazie a Il Mucchio Selvaggio e Quella Sporca Dozzina (articolo pubblicato dal magazine MyWord.it)
mercoledì 4 luglio 2012
Nastri D'Argento 2012: regia e film, per i giornalisti il migliore è Paolo Sorrentino
Nastri D'Argento 2012: regia e film, per i giornalisti il migliore è Paolo Sorrentino (articolo pubblicato dal magazine Myword.it)
lunedì 2 luglio 2012
venerdì 29 giugno 2012
mercoledì 27 giugno 2012
lunedì 18 giugno 2012
SILENT SOULS – il fascino discreto della poetica cinematografica…russa
Una delle più antiche etnie ancora presenti tra le
popolazioni dell’ex Unione Sovietica è quella dei Merja, nella regione del Lago
Nero dell’attuale Russia. I discendenti di questo popolo si tramandano
tradizioni e stili di vita che seppure in contrasto con la cosiddetta
evoluzione della civiltà moderna riescono a vivere rispettandone i dettami e i
riti.
Il regista Aleksei Fedorchenko da qualche anno sta effettuando una vera e
propria ricerca sulle etnie dell’area ex sovietica trasformando informazioni e
storie raccolte in film. La sua ultima fatica riguarda la suddetta etnia Merja,
raccontata attraverso un evento della vita di uno dei suoi conponenti.
La storia
è quella di Aist, un uomo solitario che lavora in una cartiera; alla morte
della moglie dell’amico Miron che è anche suo datore di lavoro, ad Aist viene
chiesto di aiutare il vedovo a compiere il rito di addio.
Secondo le tradizioni
dei Merja il corpo del defunto va preparato, nel caso delle donne allo stesso
modo in cui lo si prepara per la prima notte di nozze, bruciato su un vero e
proprio letto di legno per poi disperdere le ceneri nell’acqua dove si dice l’anima
ritornerà ad essere libera. Tutto questo deve essere fatto dal parente più
prossimo del defunto, in tal caso dal coniuge, e il corpo cremato va disperso
nel Lago sacro come vuole la tradizione dei Merja, ovunque sia avvenuto il
decesso; e così il film diventa un on the road atipico per ritmo narrativo, per
l’affascinante poetica della fotografia, per la solennità dei gesti dei
personaggi, per il simbolismo di ognuno dei componenti la storia compresi gli
uccellini zigoli (titolo originale in russo del film è proprio il nome dei
volatili) che accompagnano in una gabbietta per tutto il viaggio Aist senza
disturbare né farsi sentire perché come lui sono “anime silenziose”.
I
flashback dell’infanzia-adolescenza di Aist e la sua sussurrata voce narrante
non ingombrano la visione di un film che nonostante la lentezza e la malinconica
trama scorre via anche grazie alla durata breve.
Fedorchenko dimostra con Silent
Souls l’ottimo stato del cinema russo, fucina di talenti originali e
legati ad una concezione narrativa che non impedisce di osare e rischiare di
allontanarsi sempre più dall’ambito commerciale, anche se grazie ai festival
internazionali le loro opere vengono vendute per essere distribuite in tutto il
mondo…purtroppo quasi sempre per rimanere nelle sale meno di una settimana.
Pasquale De Renzis
martedì 12 giugno 2012
CHRONICLE – quando il (super)potere dà alla testa
Chronicle
è
un buon film, ben scritto (da Max Landis, figlio del mitico John) e diretto
ancora meglio, da Josh Trank, con la soggettiva perenne di una telecamera, non
sempre la stessa ma di una qualunque che nella narrazione è presente in scena, mai
messa a caso, sia essa quella della videosorveglianza di un negozio o di una
scuola che quella delle tv o semplicemente di un videofonino.
L’abilità nel
girare questo “found footage movie”
(definizione che descrive un vero e proprio genere di film raccontati
visivamente come fossero filmati amatoriali e di occasione) sta nell’aver
cercato nella sceneggiatura l’escamotage per cui i poteri che dall’oggi al
domani si ritrovano i protagonisti, permettano loro di manovrare e far
funzionare la videocamera che li riprende usando semplicemente la telecinesi;
così la pellicola è come venisse girata per la maggior parte del tempo da una cinepresa
che volteggia nell’aria per rendere possibile in alcuni casi la visione di
tutti e tre i personaggi principali.
Mentre si guarda Chronicle si pensa agli
effetti speciali e alla probabile spesa necessaria a creare alcune scene e
movimenti dei ragazzi o degli oggetti, e invece il costo complessivo dell’opera
è stato appena di 12 milioni di dollari (quintuplicati al botteghino americano)
e grazie alla Atomic Visual Effects del sudafricano Simon Hansen molti degli
effetti che si vedono sono stati creati artigianalmente e solo in pochi casi
con il digitale.
Oltre al lodevole lato tecnico, capace nelle similitudini
stilistiche comunque di tenere le distanze dai progetti precedenti come Blair
Witch Project, Paranormal Activity e Cloverfield, c’è la storia raccontata che dal risvolto
fantascientifico riesce a cavare fuori un dilemma morale da non sottovalutare: i tre protagonisti
dall’oggi al domani si ritrovano con superpoteri che gli permettono di fare
qualsiasi cosa con la forza del pensiero, persino di volare, e col passare del
tempo diventano sempre più consapevoli di questa sorta di onnipotenza…ma non
tutti riescono a controllare il potere conquistato, regalato o capitato, e in
molti casi le debolezze psicologiche e le frustrazioni scatenano i peggiori
istinti, di violenza e di vendetta, in alcuni esseri umani.
articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE
Pasquale De
Renzis
mercoledì 6 giugno 2012
THE AVENGERS – sommando il numero dei supereroi…ci si annoia alla grande
Il concetto di supereroe nel cinema è strettamente legato alla fantasia del bambino, dell’adolescente che nei suoi sogni immagina di essere Superman o L’Uomo Ragno; eppure è andata via via modificandosi la concezione commerciale che si è piegata di più alla passione per il fumetto da cui le storie venivano tratte, e quindi tra collezionisti e appassionati l’età è divenuta un optional da sottovalutare per i produttori che a tavolino studiavano il target di spettatori da inseguire.
Inutile stare qui a fare un saggio sugli eroi da fumetto portati sul grande schermo, ci basta dire che dagli anni ’90 in poi si è andato a scovare ogni tipo di paladino della giustizia mascherato, di salvatore del mondo con parentele divine e sovrannaturali…e i fumetti della Marvel da trasporre in carne ed ossa ormai sono quasi esauriti. Personalmente credo che la riuscita o meno di certe operazioni cinematografiche legate ai supereroi dipenda principalmente da chi dirige e da chi scrive le storie in questione, perché non basta metter su una mega produzione piena di attori celebri per assicurarsi il risultato…anche se il botteghino si sbanca comunque. La saga di Batman deve a Tim Burton e a Christopher Nolan alcune delle perle del cinema di genere, e Sam Raimi ha avuto la capacità di superarsi oltre che reinventarsi nel secondo Spiderman, decisamente meglio del primo.
Gli ultimi anni hanno visto un avvicendarsi esagerato di personaggi che vanno dal discreto Iron Man al dimenticabile Thor, dallo stravagante Green Hornet al soporifero Daredevil fino agli intramontabili Fantastici Quattro. Ma a parte la tecnologia che rende sempre più invasivi e strabordanti gli effetti speciali, le storie di supereroi recentemente portate al cinema non hanno regalato nulla di memorabile…di certo niente che possa minimante avvicinarsi al Dark Knight (Batman-il cavaliere oscuro) di Nolan.
A conferma della scarsa vena riguardante il genere in questione, nel 2012 è arrivato nelle sale The Avengers, creatura progettata da Joss Whedon noto per aver dato vita alla serie Tv Buffy-l’ammazzavampiri. Il progetto nato addirittura nel 2005 sposa la teoria del polpettone da farsi con qualsiasi ingrediente a disposizione, e in questo caso con i supereroi cinematograficamente più freschi. La storia parte con il capo del famigerato SHIELD (Strategic Hazard Intervention, Espionage and Logistics Directorate) che prova ad ingaggiare Capitan America, Thor, Iron Man e Hulk per combattere un’invasione aliena organizzata dal fratellastro di Thor, tal Loki. Ovviamente i protagonisti sovrumani si lasciano convincere ma solo grazie all’intervento di agenti speciali dello SHIELD come Occhio di Falco e soprattutto Vedova Nera. Inutile dirvi come andrà a finire e chi avrà la meglio, ciò che conta è che a mio parere le due ore e quindici minuti di visione si sentono tutte e nonostante le scene d’azione e gli effetti speciali pesano in maniera impressionante.
The Avengers è un cine-comic di cui si poteva fare a meno perché concepito in maniera approssimativa nonostante i 250 milioni di dollari investiti: gli attori che avevano fatto se non proprio una pregevole figura almeno il loro dovere nei rispettivi film, lasciano quantomeno a desiderare nel contesto di gruppo tanto che Robert Downey JR pare a disagio pur se simpatico, e Mark Ruffalo fa rimpiangere l’Hulk di Edward Norton. Cosa salvare? Samuel Jackson nel ruolo del capo dello SHIELD e la Vedova Nera Scarlett Johansson, anche se non basta certo la sua sensualità ad evitare un giudizio più che negativo a questo “polpettone”.
articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE
Pasquale De Renzis
mercoledì 30 maggio 2012
REALITY come GOMORRA: il Grand Prix di Cannes a Matteo Garrone come nel 2008
Palma
d’Oro ad AMOUR di Haneke
A quattro anni
dall’exploit di Gomorra Cannes tributa identico riconoscimento al nuovo film di
Matteo Garrone: Reality si è aggiudicato il Grand Prix che altri non è che il
secondo premio in ordine di importanza subito dopo la Palma d’Oro. Il
presidente della Giuria Nanni Moretti ha sottolineato che nessuna decisione è
stata presa all’unanimità ma ha voluto precisare che l’opera di Garrone ha
colpito positivamente la maggior parte dei giurati per la capacità di
commistione tra humor e dramma e per l’esaltazione dei personaggi della storia
mai messi in secondo piano dal regista per autocompiacimento stilistico.
Ambientazione partenopea e cast tutto napoletano per Reality, che Garrone ha
definito un film che “inizia come una favola alla Pinocchio nel nuovo paese dei
balocchi rappresentato dalla tv, per poi concludersi come una storia di
fantascienza”: cambio totale di registro rispetto a Gomorra ma uguale trionfo
internazionale per uno dei registi più intraprendenti e tecnicamente dotati
della moderna cinematografia italiana; ora l’attesa e la curiosità aumentano
per l’uscita in sala a fine settembre. Dato il meritato spazio e la priorità
per chiari motivi campanilistici a Matteo Garrone, vanno menzionati gli altri
premiati dalla giuria presieduta da Nanni Moretti, a cominciare dall’austriaco
Michael Haneke che bissa la Palma d’Oro di tre anni fa vinta grazie all’intenso
Il
Nastro Bianco, con l’emozionante ed apprezzato da stampa e pubblico (e
a questo punto anche dalla giuria) Amour , opera elevata dalle
interpretazioni di Emmanuelle Riva e soprattutto Jean-Louis Trintignant che
solo per “colpa” del premio al film non hanno ricevuto, a detta della giuria,
riconoscimenti come migliori attori (a Cannes come a Venezia non possono essere
premiati gli attori dell’opera che ha ricevuto il maggiore riconoscimento) . Le
interpretazioni premiate sono state quella di Mads Mikkelsen per Jagten
(The
Hunt) di Thomas Vinterberg, storia di un uomo ingiustamente accusato di
pedofilia; mentre per il ruolo femminile c’è stato un doppio riconoscimento a
Cristina Flutur e Cosmina Stratan, attrici in Beyond the Hills, film di
Cristian Mungiu che ha ricevuto il premio anche per la sceneggiatura. Miglior
regista è stato decretato l’emergente messicano Carlos Reygadas per il
controverso Post Tenebras Lux. Il
Premio della Giuria è andato all’onnipresente Ken Loach per l’atipica commedia The
Angel’s Share, e chiaramente sorpreso al momento della premiazione non
ha dimenticato come al solito di dedicare la propria solidarietà a tutte le
persone in difficoltà perché senza lavoro e senza sostentamento sicuro né
valori a cui aggrapparsi e che nonostante questo continuano a resistere. Occhio
alla Migliore Opera Prima presentata nella sezione Un Certain Regard: Beasts of the Southern Wild di Behn
Zeitlin per alcuni critici è stato uno dei film più interessanti presentati
all’edizione appena conclusa del Festival. Speriamo che questa, come le altre
pellicole premiate (e non) a Cannes 2012, vengano distribuite nei cinema
italiani…preferibilmente non passandoci come meteore.
Pasquale De Renzis
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