mercoledì 19 dicembre 2012

Nasce Biografilm Collection, un nuovo distributore cinematografico

Nasce Biografilm Collection, un nuovo distributore cinematografico

Valzer con Bashir

Valzer con Bashir

sabato 13 ottobre 2012

Come viene eletto l’uomo più potente del mondo? Il complesso meccanismo delle presidenziali USA


 
Nell’immaginario collettivo della popolazione mondiale, negli Stati Uniti  d’America il Presidente è eletto per votazione diretta dai cittadini…spiacente, le informazioni che avete avuto fino ad ora erano quantomeno inesatte; ma non è tutta colpa vostra, ai media fa comodo far credere che le cose vadano così. Prima di tutto ogni singolo cittadino statunitense per partecipare alle votazioni deve iscriversi con congruo anticipo alle liste elettorali presso un qualsiasi ufficio pubblico: al compimento del diciottesimo anno di età è possibile effettuare questa registrazione, quindi ad oggi i potenziali elettori sarebbero circa 200 milioni.

Nel 2000 si iscrissero alle liste elettorali in 130 milioni ed i votanti effettivi furono 111 milioni; nel 2004 ci fu il record di iscrizioni per votare, ben 143 milioni e di questi si recarono alle urne in 126 milioni. Al momento della registrazione l’elettore può dichiararsi democratico, repubblicano o indipendente così da partecipare anche alle Primarie “chiuse”, ovvero le consultazioni per scegliere il candidato presidente del proprio partito; quest’adesione, ad ogni modo, non comporta alcun obbligo o assegnazione di una qualsiasi tessera, ed è pertanto possibile anche cambiare schieramento e preferenza al momento dell’elezione presidenziale.

Per diventare presidente, a parte i tre requisiti imposti dalla Costituzione (almeno 35 anni di età, americano per nascita, residente negli USA da oltre 14 anni), si devono superare diversi ostacoli prettamente interni ad ogni singolo schieramento politico. Per prima cosa ci sono i Caucus, ossia “consiglio ristretto”, che non sono altro che riunioni degli attivisti politici a livello distrettuale che selezionano i delegati del partito per i comizi provinciali, i quali a loro volta scelgono i delegati per i comizi a livello statale: questi indicano i delegati alla Convention nazionale del partito che elegge il candidato presidente. Il passo decisivo che, la maggior parte delle volte porta a veri e propri scontri fratricidi, avviene nelle Primarie, ossia elezioni interne al partito che servono per scegliere il candidato a una certa carica pubblica (il Presidente ma anche deputati, senatori e governatori); si svolgono in ogni Stato e possono essere “chiuse”, cioè riservate a chi iscrivendosi nelle liste elettorali si è dichiarato elettore di quel partito, oppure “aperte”, ovvero accessibili a tutti i cittadini.

Meta finale di questo percorso per accaparrarsi la candidatura a Presidente è la Convention, che altro non è che l’investitura simbolica da parte del partito che elegge il suo rappresentante alle elezioni in questo appuntamento conclusivo del sistema passato per Primarie e Caucus. Insieme al Presidente, e come accade ogni due anni in novembre, i cittadini votano anche per rinnovare l’intera Camera (435 membri) ed un terzo del Senato (24 dei 100 membri cercano la riconferma).  

Negli Stati Uniti d’America i cittadini hanno cinque strumenti per votare, diversissimi tra loro, e che si differenziano anche per comodità ed affidabilità: lo Scan ottico permette di rilevare la preferenza sulla scheda con uno scanner, un lettore ottico; il Direct Recording Electronic (o touch screen) permette all’elettore di votare toccando lo schermo interattivo di un computer (questo strumento non produce alcuna registrazione cartacea, il che impedisce un eventuale controllo incrociato dei voti); il Lever è un sistema meccanico che consente di esprimere il proprio voto azionando una serie di levette; il Punchcards è un meccanismo a punzonatura in cui la scheda viene perforata con un punteruolo per dare la propria preferenza (nel 2000 questo sistema creò non poche difficoltà in Florida per lo spoglio conclusivo); poi c’è la scheda cartacea utilizzata soprattutto negli Stati centrali, e utilizzata, naturalmente per l’Absentee vote, ossia il voto per posta che permette ai non residenti di esprimere la loro preferenza solo nel caso si siano registrati preventivamente presso le sedi diplomatiche o si siano fatti inviare la scheda in questione dal proprio ufficio elettorale.  

I cittadini che hanno dimenticato d’iscriversi per tempo nelle liste elettorali o non lo hanno fatto per vari altri motivi ma poi decidono lo stesso di andare a votare, lo possono fare: le loro preferenze verranno messe da parte ed eventualmente prese in considerazione e conteggiate dopo dieci giorni dall’Election Day (sempre il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre, ogni 4 anni) nel caso risultassero decisivi per l’assegnazione di quel determinato Stato i voti cosiddetti Provisional, provvisori: ad ogni modo, nella storia delle elezioni presidenziali statunitensi, quasi mai sono state conteggiate queste preferenze.

Come già detto in precedenza con il voto ai seggi i cittadini non eleggono direttamente il Presidente ma nominano un collegio elettorale di 538 Grandi Elettori: il numero dei Grandi Elettori a disposizione di ogni Stato è pari al numero dei suoi senatori (sempre due per ogni Stato) sommato al numero dei rappresentanti alla Camera (che può variare ad ogni censimento decennale, e quindi ogni Stato dispone di un bacino di grandi elettori in proporzione al numero degli abitanti); al totale vanno aggiunti i tre fissi che rappresentano il Distretto di Columbia.


I Grandi Elettori vengono assegnati a livello statale con un criterio squisitamente uninominale, unica eccezione lo Stato del Maine, dove l’assegnazione avviene con un sistema proporzionale: il candidato alla presidenza che ottiene più voti popolari, conquista l’intero pacchetto di Grandi Elettori di quello Stato.
 
I candidati alla carica di Grande Elettore sono scelti dai partiti, secondo modalità che variano da Stato a Stato; inoltre in dieci Stati, tra cui Kansas e Mississipi, il loro nome compare sulle schede insieme a quello dei candidati alla Presidenza e alla Vicepresidenza. Il lunedì successivo al secondo mercoledì di dicembre i Grandi Elettori convergono nelle capitali dei rispettivi Stati e procedono alle votazioni, una per il Presidente e una per il Vicepresidente: le loro schede elettorali sono inviate al Presidente del Senato che, il successivo 6 gennaio, ne dà lettura di fronte ad entrambe le Camere del Congresso in seduta congiunta.


Nel caso in cui nessuno dei due candidati abbia raggiunto la soglia dei 270 voti utili ad avere la maggioranza dell’intero collegio di Grandi Elettori, è la Camera a scegliere il Presidente. Questo sistema elettorale oltre alla confusione che crea normalmente ogni quattro anni, tra false registrazioni alle liste elettorali addirittura di gente deceduta o impossibilità per alcuni cittadini di sapere dove andare ad iscriversi e quindi negazione del diritto di votare (per non parlare di milioni di non residenti che o non sanno se le loro preferenze serviranno mai a qualcosa o non hanno la possibilità di esprimerle dato che non risultano i loro nomi nelle sedi diplomatiche e le schede arrivano a domicilio raramente), porta ad anomalie che fanno riflettere non poco se associate all’elezione dell’uomo più potente del mondo, Presidente di quella che è considerata la più grande democrazia esistente: innanzitutto non essendoci il voto popolare diretto è possibile che il candidato che ottiene più preferenze popolari perda le elezioni; è già successo nel 1824 quando John Quincy Adams fu preferito dalla Camera ad Andrew Jackson che pure aveva ottenuto sia più voti popolari che Grandi Elettori di lui (ma, naturalmente, non tutti i 270 voti necessari); poi è capitato nel 1876 quando Hayes prevalse su Tilden per Grandi Elettori ma non per volontà popolare; allo stesso modo, nel 1888, Benjamin Harrison sconfisse Cleveland e, nel 2000, George W. Bush la spuntò su Al Gore.  


Questa è una conseguenza dell’origine federale degli USA: ciascuno Stato ha le proprie leggi in materia di elezioni e di nomina dei Grandi Elettori, nonché nella scelta dei meccanismi di voto; infatti, con il passare degli anni, molti Stati stanno cercando di riparare a questa grossa falla del sistema elettorale emanando leggi che impongano ai loro Grandi Elettori di non tradire il voto popolare.

Tutto ciò era stato deciso dai Padri Costituenti che avevano scelto questo meccanismo non fidandosi in tutto e per tutto del popolo e concependo l’idea di questi delegati il cui compito cessava con la nomina del Presidente, indipendentemente dal mandato dei cittadini-elettori…sarà patetica come sensazione ma non mi sembra il non plus ultra della democrazia l’idea originaria dei Padri Costituenti: segni premonitori? Chi lo sa!

La grande corsa alla Casa Bianca termina con l’insediamento: a mezzogiorno del 20 gennaio, il Presidente, prima di entrare in carica, pronuncia la seguente dichiarazione di giuramento: “Giuro solennemente che adempierò con fedeltà all’ufficio di Presidente degli Stati Uniti e che con tutte le mie forze preserverò, proteggerò e difenderò la Costituzione degli Stati Uniti”

Non poche volte colui che ha pronunciato questo giuramento si è trovato ad essere smentito dai fatti, vuoi per incompetenza, vuoi per negligenza, vuoi per manie di onnipotenza: e purtroppo ad essere tradito in questi casi non è stato solo il popolo americano ma la gran parte della popolazione mondiale le cui sorti dipendono dalle decisioni della Casa Bianca.


A breve una minuscola parte di americani, chissà quanto rappresentativa dei propri connazionali, dovrà scegliere il nuovo Presidente USA : riconfermare Barack Obama o scegliere lo squalo Romney?

Nelle critiche condizioni economiche e non in cui versa l’America servirebbe una svolta epocale…un Presidente che rispetti la Costituzione.

 

 

Paco De Renzis

 

venerdì 21 settembre 2012

L’innocenza dei musulmani – L’estremismo dell’arte che genera (inaccettabile) violenza

L’innocenza dei musulmani – L’estremismo dell’arte che genera (inaccettabile) violenza (articolo pubblicato da MyWord.it)

LA GUERRA DEI VULCANI : un documentario di Patierno fa rivivere il triangolo Rossellini-Magnani-Bergman

La guerra dei vulcani (articolo pubblicato da MyWord.it)

WOODY-una interessante e completa biografia,in immagini,del genio newyorchese

WOODY (recensione pubblicata da MyWord.it)

Truffaut e Vecchiali per la “finestra francese” del Napoli Film Festival 2012

Truffaut e Vecchiali per la “finestra francese” del Napoli Film Festival 2012 (articolo pubblicato da MyWord.it)

 

The Avengers - troppi supereroi annoiano

The Avengers (recensione pubblicata da MyWord.it)

domenica 15 luglio 2012

Film Socialisme

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Ritorna Cetto Laqualunque nei cinema a Natale con Tutto tutto niente niente

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Addio ad Ernest Borgnine, attore-cult grazie a Il Mucchio Selvaggio e Quella Sporca Dozzina

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Lo Sport raccontato al Cinema

Lo Sport raccontato al Cinema (articolo pubblicato da MyWord.it)

Il turno di notte lo fanno le stelle di Erri De Luca diventa un cortometraggio

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The Avengers

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Silent Souls

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Nastri D'Argento 2012: regia e film, per i giornalisti il migliore è Paolo Sorrentino

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lunedì 18 giugno 2012

SILENT SOULS – il fascino discreto della poetica cinematografica…russa


Una delle più antiche etnie ancora presenti tra le popolazioni dell’ex Unione Sovietica è quella dei Merja, nella regione del Lago Nero dell’attuale Russia. I discendenti di questo popolo si tramandano tradizioni e stili di vita che seppure in contrasto con la cosiddetta evoluzione della civiltà moderna riescono a vivere rispettandone i dettami e i riti.
Il regista Aleksei Fedorchenko da qualche anno sta effettuando una vera e propria ricerca sulle etnie dell’area ex sovietica trasformando informazioni e storie raccolte in film. La sua ultima fatica riguarda la suddetta etnia Merja, raccontata attraverso un evento della vita di uno dei suoi conponenti.
La storia è quella di Aist, un uomo solitario che lavora in una cartiera; alla morte della moglie dell’amico Miron che è anche suo datore di lavoro, ad Aist viene chiesto di aiutare il vedovo a compiere il rito di addio.
Secondo le tradizioni dei Merja il corpo del defunto va preparato, nel caso delle donne allo stesso modo in cui lo si prepara per la prima notte di nozze, bruciato su un vero e proprio letto di legno per poi disperdere le ceneri nell’acqua dove si dice l’anima ritornerà ad essere libera. Tutto questo deve essere fatto dal parente più prossimo del defunto, in tal caso dal coniuge, e il corpo cremato va disperso nel Lago sacro come vuole la tradizione dei Merja, ovunque sia avvenuto il decesso; e così il film diventa un on the road atipico per ritmo narrativo, per l’affascinante poetica della fotografia, per la solennità dei gesti dei personaggi, per il simbolismo di ognuno dei componenti la storia compresi gli uccellini zigoli (titolo originale in russo del film è proprio il nome dei volatili) che accompagnano in una gabbietta per tutto il viaggio Aist senza disturbare né farsi sentire perché come lui sono “anime silenziose”.
I flashback dell’infanzia-adolescenza di Aist e la sua sussurrata voce narrante non ingombrano la visione di un film che nonostante la lentezza e la malinconica trama scorre via anche grazie alla durata breve.
Fedorchenko dimostra con Silent Souls l’ottimo stato del cinema russo, fucina di talenti originali e legati ad una concezione narrativa che non impedisce di osare e rischiare di allontanarsi sempre più dall’ambito commerciale, anche se grazie ai festival internazionali le loro opere vengono vendute per essere distribuite in tutto il mondo…purtroppo quasi sempre per rimanere nelle sale meno di una settimana.

Pasquale De Renzis

martedì 12 giugno 2012

CHRONICLE – quando il (super)potere dà alla testa



Chronicle è un buon film, ben scritto (da Max Landis, figlio del mitico John) e diretto ancora meglio, da Josh Trank, con la soggettiva perenne di una telecamera, non sempre la stessa ma di una qualunque che nella narrazione è presente in scena, mai messa a caso, sia essa quella della videosorveglianza di un negozio o di una scuola che quella delle tv o semplicemente di un videofonino.
L’abilità nel girare questo “found footage movie” (definizione che descrive un vero e proprio genere di film raccontati visivamente come fossero filmati amatoriali e di occasione) sta nell’aver cercato nella sceneggiatura l’escamotage per cui i poteri che dall’oggi al domani si ritrovano i protagonisti, permettano loro di manovrare e far funzionare la videocamera che li riprende usando semplicemente la telecinesi; così la pellicola è come venisse girata per la maggior parte del tempo da una cinepresa che volteggia nell’aria per rendere possibile in alcuni casi la visione di tutti e tre i personaggi principali.
Mentre si guarda Chronicle si pensa agli effetti speciali e alla probabile spesa necessaria a creare alcune scene e movimenti dei ragazzi o degli oggetti, e invece il costo complessivo dell’opera è stato appena di 12 milioni di dollari (quintuplicati al botteghino americano) e grazie alla Atomic Visual Effects del sudafricano Simon Hansen molti degli effetti che si vedono sono stati creati artigianalmente e solo in pochi casi con il digitale.
Oltre al lodevole lato tecnico, capace nelle similitudini stilistiche comunque di tenere le distanze dai progetti precedenti come Blair Witch Project, Paranormal Activity e Cloverfield,  c’è la storia raccontata che dal risvolto fantascientifico riesce a cavare fuori un dilemma morale  da non sottovalutare: i tre protagonisti dall’oggi al domani si ritrovano con superpoteri che gli permettono di fare qualsiasi cosa con la forza del pensiero, persino di volare, e col passare del tempo diventano sempre più consapevoli di questa sorta di onnipotenza…ma non tutti riescono a controllare il potere conquistato, regalato o capitato, e in molti casi le debolezze psicologiche e le frustrazioni scatenano i peggiori istinti, di violenza e di vendetta, in alcuni esseri umani.
articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE


Pasquale De Renzis

mercoledì 6 giugno 2012

"Arriva Cavani" HD - Los Amigos de Edi Cavani / Gli Amici di Edi Cavani

THE AVENGERS – sommando il numero dei supereroi…ci si annoia alla grande


Il concetto di supereroe nel cinema è strettamente legato alla fantasia del bambino, dell’adolescente che nei suoi sogni immagina di essere Superman o L’Uomo Ragno; eppure è andata via via modificandosi la concezione commerciale che si è piegata di più alla passione per il fumetto da cui le storie venivano tratte, e quindi tra collezionisti e appassionati l’età è divenuta un optional da sottovalutare per i produttori che a tavolino studiavano il target di spettatori da inseguire.
Inutile stare qui a fare un saggio sugli eroi da fumetto portati sul grande schermo, ci basta dire che dagli anni ’90 in poi si è andato a scovare ogni tipo di paladino della giustizia mascherato, di salvatore del mondo con parentele divine e sovrannaturali…e i fumetti della Marvel da trasporre in carne ed ossa ormai sono quasi esauriti. Personalmente credo che la riuscita o meno di certe operazioni cinematografiche legate ai supereroi dipenda principalmente da chi dirige e da chi scrive le storie in questione, perché non basta metter su una mega produzione piena di attori celebri per assicurarsi il risultato…anche se il botteghino si sbanca comunque. La saga di Batman deve a Tim Burton e a Christopher Nolan alcune delle perle del cinema di genere, e Sam Raimi ha avuto la capacità di superarsi oltre che reinventarsi nel secondo Spiderman, decisamente meglio del primo.
Gli ultimi anni hanno visto un avvicendarsi esagerato di personaggi che vanno dal discreto Iron Man al dimenticabile Thor, dallo stravagante Green Hornet al soporifero Daredevil fino agli intramontabili Fantastici Quattro. Ma a parte la tecnologia che rende sempre più invasivi e strabordanti gli effetti speciali, le storie di supereroi recentemente portate al cinema non hanno regalato nulla di memorabile…di certo niente che possa minimante avvicinarsi al Dark Knight (Batman-il cavaliere oscuro) di Nolan.
A conferma della scarsa vena riguardante il genere in questione, nel 2012 è arrivato nelle sale The Avengers, creatura progettata da Joss Whedon noto per aver dato vita alla serie Tv Buffy-l’ammazzavampiri. Il progetto nato addirittura nel 2005 sposa la teoria del polpettone da farsi con qualsiasi ingrediente a disposizione, e in questo caso con i supereroi cinematograficamente più freschi. La storia parte con il capo del famigerato SHIELD (Strategic Hazard Intervention, Espionage and Logistics Directorate) che prova ad ingaggiare Capitan America, Thor, Iron Man e Hulk per combattere un’invasione aliena organizzata dal fratellastro di Thor, tal Loki. Ovviamente i protagonisti sovrumani si lasciano convincere ma solo grazie all’intervento di agenti speciali dello SHIELD come Occhio di Falco e soprattutto Vedova Nera. Inutile dirvi come andrà a finire e chi avrà la meglio, ciò che conta è che a mio parere le due ore e quindici minuti di visione si sentono tutte e nonostante le scene d’azione e gli effetti speciali pesano in maniera impressionante.
The Avengers è un cine-comic di cui si poteva fare a meno perché concepito in maniera approssimativa nonostante i 250 milioni di dollari investiti: gli attori che avevano fatto se non proprio una pregevole figura almeno il loro dovere nei rispettivi film, lasciano quantomeno a desiderare nel contesto di gruppo tanto che Robert Downey JR pare a disagio pur se simpatico, e Mark Ruffalo fa rimpiangere l’Hulk di Edward Norton. Cosa salvare? Samuel Jackson nel ruolo del capo dello SHIELD e la Vedova Nera Scarlett Johansson, anche se non basta certo la sua sensualità ad evitare un giudizio più che negativo a questo “polpettone”.

articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE

Pasquale De Renzis


mercoledì 30 maggio 2012

REALITY come GOMORRA: il Grand Prix di Cannes a Matteo Garrone come nel 2008


Palma d’Oro ad AMOUR di Haneke


A quattro anni dall’exploit di Gomorra Cannes tributa identico riconoscimento al nuovo film di Matteo Garrone: Reality si è aggiudicato il Grand Prix che altri non è che il secondo premio in ordine di importanza subito dopo la Palma d’Oro. Il presidente della Giuria Nanni Moretti ha sottolineato che nessuna decisione è stata presa all’unanimità ma ha voluto precisare che l’opera di Garrone ha colpito positivamente la maggior parte dei giurati per la capacità di commistione tra humor e dramma e per l’esaltazione dei personaggi della storia mai messi in secondo piano dal regista per autocompiacimento stilistico. Ambientazione partenopea e cast tutto napoletano per Reality, che Garrone ha definito un film che “inizia come una favola alla Pinocchio nel nuovo paese dei balocchi rappresentato dalla tv, per poi concludersi come una storia di fantascienza”: cambio totale di registro rispetto a Gomorra ma uguale trionfo internazionale per uno dei registi più intraprendenti e tecnicamente dotati della moderna cinematografia italiana; ora l’attesa e la curiosità aumentano per l’uscita in sala a fine settembre. Dato il meritato spazio e la priorità per chiari motivi campanilistici a Matteo Garrone, vanno menzionati gli altri premiati dalla giuria presieduta da Nanni Moretti, a cominciare dall’austriaco Michael Haneke che bissa la Palma d’Oro di tre anni fa vinta grazie all’intenso Il Nastro Bianco, con l’emozionante ed apprezzato da stampa e pubblico (e a questo punto anche dalla giuria) Amour , opera elevata dalle interpretazioni di Emmanuelle Riva e soprattutto Jean-Louis Trintignant che solo per “colpa” del premio al film non hanno ricevuto, a detta della giuria, riconoscimenti come migliori attori (a Cannes come a Venezia non possono essere premiati gli attori dell’opera che ha ricevuto il maggiore riconoscimento) . Le interpretazioni premiate sono state quella di Mads Mikkelsen per Jagten (The Hunt) di Thomas Vinterberg, storia di un uomo ingiustamente accusato di pedofilia; mentre per il ruolo femminile c’è stato un doppio riconoscimento a Cristina Flutur e Cosmina Stratan, attrici in Beyond the Hills, film di Cristian Mungiu che ha ricevuto il premio anche per la sceneggiatura. Miglior regista è stato decretato l’emergente messicano Carlos Reygadas per il controverso Post Tenebras Lux.  Il Premio della Giuria è andato all’onnipresente Ken Loach per l’atipica commedia The Angel’s Share, e chiaramente sorpreso al momento della premiazione non ha dimenticato come al solito di dedicare la propria solidarietà a tutte le persone in difficoltà perché senza lavoro e senza sostentamento sicuro né valori a cui aggrapparsi e che nonostante questo continuano a resistere. Occhio alla Migliore Opera Prima presentata nella sezione Un Certain Regard: Beasts of the Southern Wild di Behn Zeitlin per alcuni critici è stato uno dei film più interessanti presentati all’edizione appena conclusa del Festival. Speriamo che questa, come le altre pellicole premiate (e non) a Cannes 2012, vengano distribuite nei cinema italiani…preferibilmente non passandoci come meteore.
Pasquale De Renzis