mercoledì 30 maggio 2012

REALITY come GOMORRA: il Grand Prix di Cannes a Matteo Garrone come nel 2008


Palma d’Oro ad AMOUR di Haneke


A quattro anni dall’exploit di Gomorra Cannes tributa identico riconoscimento al nuovo film di Matteo Garrone: Reality si è aggiudicato il Grand Prix che altri non è che il secondo premio in ordine di importanza subito dopo la Palma d’Oro. Il presidente della Giuria Nanni Moretti ha sottolineato che nessuna decisione è stata presa all’unanimità ma ha voluto precisare che l’opera di Garrone ha colpito positivamente la maggior parte dei giurati per la capacità di commistione tra humor e dramma e per l’esaltazione dei personaggi della storia mai messi in secondo piano dal regista per autocompiacimento stilistico. Ambientazione partenopea e cast tutto napoletano per Reality, che Garrone ha definito un film che “inizia come una favola alla Pinocchio nel nuovo paese dei balocchi rappresentato dalla tv, per poi concludersi come una storia di fantascienza”: cambio totale di registro rispetto a Gomorra ma uguale trionfo internazionale per uno dei registi più intraprendenti e tecnicamente dotati della moderna cinematografia italiana; ora l’attesa e la curiosità aumentano per l’uscita in sala a fine settembre. Dato il meritato spazio e la priorità per chiari motivi campanilistici a Matteo Garrone, vanno menzionati gli altri premiati dalla giuria presieduta da Nanni Moretti, a cominciare dall’austriaco Michael Haneke che bissa la Palma d’Oro di tre anni fa vinta grazie all’intenso Il Nastro Bianco, con l’emozionante ed apprezzato da stampa e pubblico (e a questo punto anche dalla giuria) Amour , opera elevata dalle interpretazioni di Emmanuelle Riva e soprattutto Jean-Louis Trintignant che solo per “colpa” del premio al film non hanno ricevuto, a detta della giuria, riconoscimenti come migliori attori (a Cannes come a Venezia non possono essere premiati gli attori dell’opera che ha ricevuto il maggiore riconoscimento) . Le interpretazioni premiate sono state quella di Mads Mikkelsen per Jagten (The Hunt) di Thomas Vinterberg, storia di un uomo ingiustamente accusato di pedofilia; mentre per il ruolo femminile c’è stato un doppio riconoscimento a Cristina Flutur e Cosmina Stratan, attrici in Beyond the Hills, film di Cristian Mungiu che ha ricevuto il premio anche per la sceneggiatura. Miglior regista è stato decretato l’emergente messicano Carlos Reygadas per il controverso Post Tenebras Lux.  Il Premio della Giuria è andato all’onnipresente Ken Loach per l’atipica commedia The Angel’s Share, e chiaramente sorpreso al momento della premiazione non ha dimenticato come al solito di dedicare la propria solidarietà a tutte le persone in difficoltà perché senza lavoro e senza sostentamento sicuro né valori a cui aggrapparsi e che nonostante questo continuano a resistere. Occhio alla Migliore Opera Prima presentata nella sezione Un Certain Regard: Beasts of the Southern Wild di Behn Zeitlin per alcuni critici è stato uno dei film più interessanti presentati all’edizione appena conclusa del Festival. Speriamo che questa, come le altre pellicole premiate (e non) a Cannes 2012, vengano distribuite nei cinema italiani…preferibilmente non passandoci come meteore.
Pasquale De Renzis


mercoledì 23 maggio 2012

Giovanni Falcone (film 1993)

martedì 22 maggio 2012

NAPOLI24 – istantanee di vita partenopea nell’occhio di 24 autori


Un film collettivo, 24 registi che in soli tre minuti ciascuno raccontano un frammento di Napoli dal loro punto di vista, mai retorico, mai edulcorato e se folcloristico di sicuro mai fine a sé stesso. Napoli24 è un progetto venuto fuori da un invito delle autorità cittadine che avevano voglia di riportare alla ribalta una Napoli migliore dopo il degrado mostrato dalla crisi dei rifiuti, e questo onere non da poco fu colto con coraggio dai produttori Nicola Giuliano e Giorgio Magliulo che decisero di coinvolgere registi, videomaker, documentaristi e artisti dell’audiovisivo per avventurarsi nella complessità di Partenope. Una raccolta di istantanee di una città in continuo movimento, mai ferma, che partendo dai luoghi comuni teorici e geografici (la superstizione, la religione, il porto, l’immagine da cartolina, i disagi annosi, il Vesuvio, ecc..) mostra la sua eccentricità e il vigore mai domo di un carattere tipico del suo popolo. Se a capitanare il folto gruppo degli autori dei corti che compongono Napoli24 c’è il regista Paolo Sorrentino , le narrazioni più affascinanti anche a livello visivo arrivano da alcuni degli artisti più interessanti della scena culturale partenopea: dai videomaker Marcello Sannino e Nicolangelo Gelormini al fotografo Mario Spada, passando per i registi Guido Lombardi e Pietro Marcello, l’occhio che esplora Napoli in appena 180 secondi è sempre originale e rende lo spettatore complice e partecipe di una realtà da mostrare in ogni sua forma, per denunciarne le storture e per difendere la cultura, la bellezza e l’umanità di una metropoli che ogni volta che pare essere sull’orlo del baratro si rialza più forte di prima.
articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE
Paco De Renzis

Registi di Napoli24:

Giovanni Cioni, Bruno Oliviero, Gianluca Iodice, Diego Liguori, Roberta Serretiello, Luca Martusciello, Nicolangelo Gelormini, Guido Lombardi, Mariano Lamberti, Andrej Longo, Stefano e Mario F. Martone, Fabio Mollo, Mario Spada, Pietro Marcello, Andrea Canova, Lorenzo Cioffi e Corrado Costetti, Massimiliano Pacifico, Marcello Sannino, Federico Mazzi, Vincenzo Cavallo, Gianluca Loffredo, Daria D’Antonio, Ugo Capolupo, Paolo Sorrentino

HUNGER – dalla body art al cinema d’impegno, il corpo al centro dell’opera di Mc Queen


A pochi mesi di distanza dal controverso Shame, nelle sale italiane è uscita l’opera prima di Steve Mc Queen, Hunger. Il film che nel 2008 ottenne la Camera d’Or al Festiva di Cannes ha trovato distribuzione solo grazie al battage pubblicitario causato dalla scandalosa storia del sessuomane presentata all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, e che oltre a portare un po’ di fama al regista ha consentito al protagonista Michael Fassbender di vincere la Coppa Volpi. Eppure nonostante la pregevole qualità generale di Shame , tra i due è proprio Hunger il lavoro più sorprendente e sconvolgente di Steve Mc Queen.

La storia è quella degli ultimi mesi di vita di Bobby Sands, militante dell’IRA (Irish Republican Army) che divenne simbolo del movimento, tra fine anni ’70 e inizio ’80, attraverso le battaglie e gli scritti dalla prigionia nelle carceri inglesi. La protesta più eclatante, uno sciopero della fame (hunger=fame) che durerà 66 giorni, porterà Sands alla morte facendolo divenire vero e proprio martire per la causa dell’Ulster (la riunificazione delle due Irlande e la cacciata dei militari inglesi).

Il racconto dell’agonia di quei giorni viene fatto dal regista col parallelo di dialoghi e protagonista ridotti all’osso, con l’esposizione emblematica del corpo di Fassbender-Bobby Sands che lentamente si disintegra; la descrizione minuziosa, a livello visivo, della prigionia dei carcerati che, ritenendosi detenuti politici, si rifiutano di sottostare al regime carcerario imposto dal governo Thatcher, pagandone le conseguenze fisicamente e mentalmente, fa da scioccante cornice alla tragica vicenda principale e scelta spiazzante e cinematograficamente rilevante di Mc Queen sta nell’introdurre il film per oltre dieci minuti presentando altri personaggi alla stregua di vittime predestinate abbandonandoli momentaneamente per poi ripresentarli nelle vesti di carnefici del protagonista.

Al servizio del regista britannico, così come in Shame , c’è Michael Fassbender; e il suo Bobby Sands è devastante per una trasformazione corporea che è distinguibile addirittura in ogni scena. Se la recitazione fisica impressiona, la capacità di esprimere la dignità e la fierezza del personaggio che interpreta affascina nonostante la condizione tragica descritta.

In una delle scene più significative del film, con una ripresa a telecamera fissa su due persone sedute ad un tavolo, per oltre un quarto d’ora si assiste allo scambio di opinioni tra il carcerato Bobby Sands ed il sacerdote Dominic Moran che gli intima di accordarsi con il governo inglese per il suo bene e soprattutto per quello della sua gente, e lo prega di desistere dallo sciopero della fame che vuole intraprendere; questa scena ripresa a circa tre metri di distanza con la macchina che si muove solo nel finale per un primo piano, è l’unico frangente in cui il predominio del linguaggio del corpo voluto dal regista lascia spazio alla parola, e l’espressività di Fassbender è conseguenza di ciò che sta dicendo il suo personaggio e non descrizione unica della situazione del militante-carcerato come in tutto il resto del film.

Prima di divenire regista Steve Mc Queen era un esponente apprezzato della body-art, e la capacità di mettere i corpi al centro delle proprie opere è rimasto l’elemento fondamentale dei suoi lavori. 


articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE




Paco De Renzis

CANNES 2012 – tra mostri sacri e nuove leve, che “cinema” arriverà dalla Croisette?



Il Festival del Cinema internazionale più importante che esista compie 65 anni; sul manifesto celebrativo di Cannes 2012 a spegnere simbolicamente le candeline c’è una bellissima Marylin Monroe. Il direttore Gilles Jacob ha usato parole esaltanti per l’edizione appena cominciata e solo a fine manifestazione potrà essere o meno smentito: le malelingue lo hanno tacciato di scarso coraggio perché come già in passato si è affidato ad un gruppo di autori affermati per le opere selezionate, in concorso e non; molti di questi con oltre mezzo secolo di carriera alle spalle. Le attese sono ferventi perché quando si è dinanzi a nomi come Cronenberg(in gara con Cosmopolis), Kiarostami(Like somebody in love), Loach(The Angel’s Share), Resnais(Vous n’avez encore rien vu), dal cilindro qualcosa di buono deve per forza venir fuori almeno per il gioco delle probabilità. Personalmente mi tocca difendere il buon Jacob visto che oltre ai mostri sacri non mancano le nuove leve e anche piuttosto interessanti a partire dal regista a cui è stata affidata l’apertura del Festival con la proiezione di Moonrise Kingdom, quel Wes Anderson a cui si devono lavori originali come I Tenenbaum e Le Avventure acquatiche di Steve Zissou. Ad accompagnare Anderson nel gruppo dei meno navigati, e quindi degli sfavoriti alla vittoria finale, ci sono Lee Daniels (Precious) con The Paperboy, John Hillcoat (The Road) con Lawless film scritto dal cantante Nick Cave, Andrew Dominik che come in L’assassinio di Jesse James ritrova Brad Pitt per Killing them softly, Thomas Vinterberg che dopo aver dato vita al manifesto DOGMA insieme a Von Trier con il suo Festen prova a riportarsi in auge con The Hunt; a proposito di ritorni si aspetta Walter Salles che dopo aver trasposto in i Diari della motocicletta il diario di viaggio “Latinoamerica” di Che Guevara presenta On The Road dal libro cult di Jack Kerouac. Gli “animali” da festival che non possono essere snobbati facendo una lista dei papabili “palmati” sono il romeno Cristian Mungiu (4mesi, 3settimane e 2giorni) in concorso con Beyond the hills, il coreano Sang-soo con In another country, l’austriaco Michael Haneke con Amour e il francese Jacques Audiard con De rouille et d’os. E l’Italia? Innazittuto c’è il Presidente di Giuria che è un certo Nanni Moretti, adorato alla follia dai francesi e che a Cannes si sente come a casa oltre ad essere stato premiato nel ’94 per la regia di Caro Diario e nel 2001 con la Palma d’oro per La Stanza del figlio; per la gara è stato selezionato Matteo Garrone che 4 anni fa si era aggiudicato il Gran Premio della Giuria con Gomorra e promette di stupire con il suo Reality, opera di critica mediatico-sociale attenta al linguaggio popolare sullo stile di un moderno realismo all’italiana; non può essere in concorso per aver ricevuto nella scorsa edizione la Palma d’Oro alla carriera ma è tra i registi più attesi il maestro Bernardo Bertolucci che a nove anni da The Dreamers torna dietro la macchina da presa per dirigere la trasposizione cinematografica del libro Io E Te di Niccolò Ammaniti, usando per la prima volta la tecnologia tridimensionale. E parlando di 3D arriviamo al Dracula di Dario Argento, altro evento fuori concorso ed evento ancor più gradito potrebbe risultare nel caso fosse finalmente un ritorno al buon cinema del grandissimo regista romano. L’avvenimento che a mio parere può tranquillamente oscurare qualsiasi altra proiezione o manifestazione nei dintorni della Croisette è la presentazione al pubblico della versione restaurata del capolavoro di Sergio Leone C’Era Una Volta In America, con scene inedite per 25 minuti in più di pellicola; merito del restauro è della Fondazione di Martin Scorsese che è riuscita nell’intento di far tornare la pellicola restaurata lì dove era stata presentata nel 1984…allora a Cannes il film fu accolto da una standing ovation che fece commuovere Sergio Leone.  
articolo pubblicato da L'INDIEPENDENTE WEBZINE


Paco De Renzis