venerdì 30 settembre 2011

IL CINEMA ESTESO I film della Mostra di Venezia nei cinema di Napoli dal 1 al 7 ottobre

di Paco De Renzis

Si svolgerà dal 1 al 7 ottobre una delle più interessanti rassegne cinematografiche dell’anno in Campania: “Il Cinema esteso” nasce grazie al gemellaggio tra la Mostra internazionale del Cinema di Venezia e il Comune di Napoli, o meglio l’assessorato alla Cultura presieduto da Antonella Di Nocera,  e porterà per sette giorni in molte delle sale cinematografiche cittadine alcune delle opere più significative presentate nell’edizione 2011 del Festival del Lido. Oltre alle proiezioni si avranno incontri con autori e registi delle pellicole e visto che si parla di personaggi del calibro di Marco Belloccio, Ugo Gregoretti, Emanuele Crialese, Citto Maselli, Francesco Patierno e Pietro Marcello la curiosità cinefila avrà di che deliziarsi. E a proposito di cinefili il programma de “Il Cinema Esteso” prevede delle chicche che solitamente arrivano solo nei maggiori festival internazionali e qualche volta direttamente da collezioni private e non è detto che si riescano a trovare nel convenzionale mercato di rimasterizzazione digitale in dvd: tanto per cominciare si può segnalare al PAN (Palazzo delle Arti) la proiezione di “Hermitage” di Carmelo Bene, una rassegna sul cinema italiano di ricerca degli anni ’60 – ’70 con le opere di D’Alessandria, Schifano e Tretti, al Cinema Astra di Via Mezzocannone i cortometraggi di Pelesjan presentati da Enrico Ghezzi, ma soprattutto, sempre all’Astra, la retrospettiva dedicata al regista Aleksander Sokurov con la possibilità di vedere la sua trilogia (“Moloch” – “Taurus” – “Il Sole”) e “Faust”, l’ultima fatica vincitrice del Leone d’Oro 2011 a Venezia. Celebrato giustamente il cinema “napoletano” presentato al Festival del Lido: saranno proiettati “Là-bas” di Guido Lombardi, “Radici” di Carlo Luglio (a cui seguirà il concerto di Enzo Gragnaniello), e “Cose dell’altro mondo” di Francesco Patierno. Fresco di nomina per rappresentare il cinema italiano nella corsa agli Oscar, “Terraferma” si potrà vedere il 2 ottobre al cinema Pierrot di Ponticelli introdotto dal suo regista Emanuele Crialese. Serata evento il 5 ottobre al cinema Filangieri in cui verrà presentato dai registi Gregoretti, Maselli, Lizzani e Russo il loro film collettivo “Scossa” sul terremoto di Messina del 1908. Una kermesse cinematografica di notevole spessore organizzata con la precisa volontà di attirare non solo il pubblico di appassionati ma anche semplici curiosi che, grazie all’ingresso totalmente gratuito ad incontri e proiezioni (tranne il concerto di Enzo Gragnaniello a 5 euro), potranno scoprire modi di fare Cinema fino d ora ignorati e di certo poco diffusi dai media più popolari.   

giovedì 29 settembre 2011

Esplorando il LABIRINTO dei Cattivo Costume

Indie - rock sotto il vulcano
di Paco De Renzis
(tratto dal numero di marzo del periodico il mediterraneo)


Negli anni 90 la scena musicale napoletana ebbe un sussulto innovativo che portò al moltiplicarsi di formazioni che suonavano i generi più disparati; e alle pendici del Vesuvio nasceva una band che lontano dalle mode del momento si dedicava anima e corpo al rock alternativo. I Cattivo Costume hanno consumato palchi underground suonando la loro musica ma nella giungla dell’industria discografica moderna ci hanno messo oltre 15 anni per pubblicare il primo disco, in maniera totalmente indipendente. Labirinto è un concept album di notevole qualità, dal sapore viscerale ma allo stesso tempo con una cura a dir poco maniacale dei particolari: una produzione di buon livello che rende chiari i suoni esaltando le sfumature così come cori e doppie voci; ognuna delle canzoni dimostra la volontà di non appiattire il timbro musicale con identico ritmo dall’inizio alla fine e diventa caratteristica distintiva del gruppo la capacità di cambiare registro sonoro riuscendo a fondere più generi nella stessa canzone. I riff introduttivi della chitarra non sembrano mai slegarsi concettualmente dalla chiusura strumentale del brano precedente dando merito alla scelta coraggiosa del concept album in un’epoca in cui l’accesso al gusto popolare e al possibile guadagno è legato sempre più al singolo da rotazione radiofonica. Testi mai banali con echi da poesia decadente e  cenni ispirati dalla connotazione letteraria in versi della forma canzone che in Italia ha visto una delle massime espressioni nei CSI, più che nei precedenti CCCP, di Giovanni Lindo Ferretti: “ho amato a morte la vita…amo a morte la vita” in Saga delle Contraddizioni; “comparsa fuggente spettatore affannato devoto a un copione in cui tutto ormai è già stato” in Angelo Imbastardito. Il viaggio di frasi e ritornelli con rime mai forzate in una coscienza umana le cui devastazioni personali non possono staccarsi dalla fotografia di una decadenza sociale trovano la chiosa ideale nei versi conclusivi de La Necessità, “conquistati il tuo spazio lotta sopravvivenza - tra l’uomo e la fiera c’è poca differenza - nella forma di violenza - l’uomo la sua intelligenza…ma il potere è la sua malattia”. Labirinto è stato presentato dal vivo in un’originale performance tenuta nella Sala Teatro Ichos di San Giovanni a Teduccio, e oltre alla meticolosa organizzazione che ha visto fondersi i suoni dei Cattivo Costume con le visioni delle sorprendenti opere del maestro Umberto Verdirosi, è da sottolineare come assistere all’esecuzione dei brani renda ancor più giustizia alla bravura del gruppo e alla qualità del loro lavoro: dal cantante-chitarrista Marco Milone al bassista Valerio Varlese (fondatori del gruppo), dal batterista Boris Tafuri al tastierista (geniale programming e improvvisazioni) Ferdinando Morello fino alla corista Enza Dentale.
Per conoscere in maniera più approfondita la band napoletana abbiamo parlato con il front-man e autore di tutti i testi Marco Milone.

Perché vi chiamate Cattivo Costume?
Cattivo Costume è il sistema costruito sul marcio non detto dell'ordine prestabilito...è la coscienza sopita delle genti. A 18 anni questo nome per la band è uscito spontaneo, date le nostre attitudini, in contrapposizione all' inconsistente ed effimero modello proposto dalla società del consumo e dell'omologazione...un po’ di verità l'abbiamo trovata proprio vivendo la strada dove la realtà si presenta in tutta la sua cruda durezza e dove convenzioni e convinzioni si sgretolano di fronte ad essa; la nostra terra ci insegna molto a proposito di questo.

Sicuramente per il tipo di disco con cui avete debuttato il lavoro e la preparazione non potevano limitarsi all’istinto e alle poche sedute di registrazione: ma a parte la scrupolosità sul lato artistico quale difficoltà avete incontrato per produrre LABIRINTO e quali state affrontando visto che ancora non è reperibile nei canali convenzionali del mercato discografico? 
Queste canzoni fanno parte di un percorso durato più di un decennio, sono cresciute e maturate con noi o forse hanno atteso la nostra maturazione...e sono tutte figlie di una tappa vissuta. Nel 2010 entriamo in studio con una proposta di produzione diventata un amichevole supporto e collaborazione soprattutto per il tipo di scelta artistica che abbiamo fatto, quindi questo lavoro è un’autoproduzione…le difficoltà sono economiche. Siamo tutti ragazzi intorno ai trenta e con il precariato e la disoccupazione che ci sono in giro mangiare, pagarsi affitto, bollette e realizzare un lavoro di buon livello è veramente difficile; per la realizzazione abbiamo fatto tutto in 6 giorni di registrazione e altrettanti per il missaggio. E visto che anche la stampa ha un suo costo abbiamo deciso di mettere in streaming parte del lavoro e cominciare con i live in attesa di step successivi.
Per questa prima fase dobbiamo ringraziare Giancarlo Ippolito per la professionalità trovata nei suoi studi di registrazione e per il supporto artistico e tecnico. Il missaggio è stato affidato a Vincenzo D'Oriano da noi ritenuto tra i più preparati nel rock nelle nostre zone.

Da un po’ di tempo il vostro percorso è costellato da collaborazioni e connubi con altri artisti, dalle arti figurative alla messinscena teatrale fino ai reading di poesia: dove nasce questa esigenza di fusione con altre forme creative?
Nasce dal bisogno di essere avvolti e avvolgere in un concetto più ampio della sola musica.
Nasce dall'incontro più o meno casuale con anime affini, così è stato per la fase Circoblu con la poesia e il teatro danza di Claudio Gabola e Angela Zinno, con la personale "dominodimatteo" di Ciro di Matteo, così oggi per i quadri e le poesie del maestro Umberto Verdirosi e la recitazione di Rosalia Cuciniello. Da sottolineare che la copertina dell’album è del fotografo Luigi Verde.

I testi delle vostre canzoni sembrano visioni di autocoscienza, illustrazioni di esperienze non del tutto immaginarie: quanto c’è di autobiografico?
Che valore ha il parlare di qualcosa che non si è vissuto...?

Ho trovato molte affinità con i CSI di Lindo Ferretti nell’approccio interpretativo oltre che nella struttura che lega versi e musica: quali sono i vostri riferimenti musicali? Qualche fonte ispiratrice in particolare?
Le nostre radici affondano nel grunge dei Nirvana, nel punk dei Crass, nell'hard rock dei Led Zeppelin, nel metal. Parlando di gruppi italiani e della nostra lingua che ci consente di entrare così a fondo nei concetti: i primi Litfiba (quelli fino ad "aprite i vostri occhi") , i CCCP/CSI e i Marlene Kuntz sono stati vero nutrimento…l'incontro tra l'impegno del cantautorato e la disperazione e la rivolta del rock. In generale ci piacciono tutte quelle band che hanno con la musica un approccio viscerale, e arrivano dritte allo stomaco indipendentemente dal genere musicale.

Chi volesse conoscere la vostra musica ed essere aggiornato su produzioni e live dove deve cercare?
www.myspace.com/cattivocostume e su diversi network...siamo in rete come un virus.

per scaricare gratuitamente l'album LABIRINTO dei Cattivo Costume http://www.jamendo.com/it/album/99308





mercoledì 28 settembre 2011

BAD TEACHER - il lato peggiore dei blockbuster


Elizabeth Halsey (Cameron Diaz) è un’insegnante che merita davvero l’insufficienza. E’ sboccata, spietata e decisamente inadatta. Beve, se la spassa, mette gli alunni davanti a una televisione per tutto il tempo per potersi riposare e fare quello che vuole; non vede l’ora di sposarsi con il suo ricchissimo fidanzato di cui non ricorda il compleanno e forse a stento il nome, così da lasciare finalmente il lavoro alla scuola media. Quando viene scaricata dal rinsavito uomo accortosi delle mire prettamente economiche della futura moglie, decide di conquistare un supplente bello (Justin Timberlake) ma soprattutto pieno di soldi; ma si trova in competizione con una collega molto energica e determinata, Amy (Lucy Punch), completamente diversa da lei ma con un trascorso di isteria da esaurimento nervoso. Gli stravaganti piani di Elizabeth per avere la meglio nella caccia al miliardario troveranno molti ostacoli e gli stravolgimenti conseguenti ribalteranno il finale desiderato dalla “cattiva insegnante”. Se la trama e la scrittura di “Bad Teacher” sono politicamente scorrette, la banalità e la prevedibilità delle situazioni e dell’evoluzione della storia sono particolarmente sconfortanti. Il regista è il figlio d’arte Jake Kasdan, ma il padre Lawrence sperava di aver impartito lezioni ed eredità differenti con opere come “Il Grande Freddo”; invece è venuta fuori questa commediola piuttosto becera, divertente giusto a tratti, merito di Cameron Diaz che non sfigura come cattiva, ma la pochezza del lavoro in generale porta la pellicola ad essere annoverata tra quei b-movie piuttosto mediocri che dagli USA arrivano a riempire le sale italiane, spesso facendo anche il pieno al botteghino. Il lato peggiore dei blockbuster.


Pasquale De Renzis

“THE JACKAL”, IL FENOMENO COMICO CORRE SUL WEB

Un collettivo di videomakers “strappa a morsi” il Cinema per divertire e divertirsi

di Paco De Renzis

Uno “sciacallo” si aggira per la Rete facendo ridere a crepapelle i navigatori di internet. The Jackal è un collettivo di videomakers che prende spunto dal cinema tradizionale per creare cortometraggi, trailer e spot comici non solo prendendo in giro le trame originali ma mostrando un’inventiva fuori dal comune unita a trovate eccezionali. Sei ragazzi di Melito, amici, ex compagni di scuola, ognuno con un nome trash a ritoccare quello che ha sui documenti e a rinforzare il significato dello “Sciacallo”: Francesco Ebbasta è il regista, quello che dirige tutti i video; Simone Ruzzo è attore e scenografo, per i fans è “Leggenda”; Mariano Stavarra è attore e ideatore di molti dei lavori del gruppo; Ciro Priello è coreografo ed esperto audio ma soprattutto attore protagonista nella maggior parte dei corti e anche colui che impersona il neomelodico trash Manuele D’Amore inventato dal collettivo; Enrico Nocella è attore e, a detta dei più, “quello che s’incazza”; Alfredo Felco detto anche Luttazzi o Vanesso, è lo sceneggiatore del gruppo e l’anti-Moccia per vocazione e missione. Ma a Felco si deve principalmente l’impressionante lavoro di post-produzione che c’è dietro ad ognuno dei video, anche perché sarebbe riduttivo considerare l’opera dei The Jackal solo dal punto di vista comico tralasciando l’aspetto tecnico fatto di effetti speciali, visivi e sonori, e di un montaggio di ottima fattura. Del resto il gruppo è molto apprezzato anche per documentari e videoclip musicali decisamente innovativi come quelli per la band emergente Abulico. Celebrati nelle riviste di settore e premiati nei festival riservati al cinema breve, i loro cortometraggi si possono vedere sul canale The Jackal di youtube, a cui consiglio di iscriversi, e sul sito ufficiale www.thejackalweb.it che va spulciato in ogni sezione per godere appieno la genialità di questi ragazzi; oltre alla parodia splatter dello spot “Lines Seta Ultra” potrete ridere di gusto guardando “Io sono molto leggenda”, “2012 vs Vandammo”, “Break to the future”, “Santa vs Jesus – arma natale”, “Il Piccione”, “L’ultima trillata” e tanto altro. Mi sono chiesto come potevo fare ad intervistare un gruppo di sei persone: nelle band il portavoce è il leader, il frontman; ma The Jackal è un’entità a sé, un collettivo che ha come motto “Dobbiamo restare uniti” e quindi non potendo fare una chiacchierata a sei voci ed escludendo un dialogo con uno solo di loro a scelta ho preferito contattarli tutti contemporaneamente ed intervistare “l’entità” The Jackal.

Come e quando è nata l’idea dello “Sciacallo”?
Nel 2005, ufficialmente. In realtà parodizzavamo titoli cinematografici da molto molto piccoli,  ma solo 5 anni fa abbiamo deciso di identificarci dietro lo sciacallo: quale figura migliore per un gruppo che “strappa a morsi” il cinema per ricavarne  corti comici ?

Guardando i vostri lavori pare evidente che vi divertite a girarli, si avverte l’affiatamento della squadra; siete mai in disaccordo tra di voi sul come procedere?
E’ capitato più di una volta! Ma siamo convinti che discutere e discutersi possa portare solo a cose migliori.

Immagino vi vengano in continuazione spunti per parodie e cortometraggi: seguite un metodo di lavoro ben preciso oppure lasciate guidarvi dall’istinto e vi mettete all’opera solo quando ne avete voglia?
Ci sono due tipi di parodie: quelle nate per un avvenimento corrente  (o un film celebre che stia spopolando) e quelle innate. Le seconde affrontano idee talmente radicate nella nostra società, che prenderle in giro è una cosa della quale proprio non possiamo fare a meno!

Il più delle volte utilizzate la comicità, il paradosso, per trattare tematiche sociali che riguardano l’attualità: c’è un tipo di Cinema a cui vi ispirate e che amate particolarmente?
I nostri interessi cinematografici, fortunatamente, sono molto vari all’interno del gruppo. E per vari si intende una vasta panoramica dal cinema europeo a quello asiatico. Questo è un bene perché quello che viene fuori è un ambiente stimolante. Ovviamente, tornando al discorso “parodie”, il cinema americano è quello senza dubbio più efficace, proprio perché il più conosciuto. Ve la immaginate la parodia di un film francese della nouvelle vague? Sarebbe geniale, ma quante persone la capirebbero?

I The Jackal producono anche videoclip musicali, documentari e spot per network e riviste telematiche. Si può dire che grazie alla fama dei vostri corti riuscite a procurarvi qualche guadagno con questi lavori su commissione oppure l’aspetto economico è ancora un tasto dolente da battere?
La verità è che tutto quanto ci sia di creativo-artistico-visivo  ci piace. E’ una fortuna poter guadagnare nel mondo del marketing non convenzionale, facendo quello che ci riesce meglio e che più ci fa star bene: far ridere. I videoclip musicali, invece, offrono un’ottima valvola di sfogo in cui poter convogliare le idee più “serie”. Del resto anche quelle sono firmate The Jackal.

Conoscete Maccio Capatonda? Che ne pensate dei suoi trailer demenziali divenuti famosi grazie alla Gialappa’s?
Il discorso su Maccio ci ha un po’ fregato, onestamente. Maccio è stato un vate del demenziale in Italia, e spesso se parodizzi un film vieni ricondotto a lui. Il punto è che questo tipo di parodia, il “fake trailer” incluso,  è nato in America molti anni prima di Maccio, riscuotendo anche un giusto successo. Quindi grazie a lui per le migliaia di  risate che ci ha regalato, ma crediamo che il nostro stile sia diverso. E poi noi facciamo questo dalla tenera età della prima media!

Al NapoliFilmFestival del 2008 avete ricevuto una menzione speciale per IO SONO MOLTO LEGGENDA, esilarante corto sull’emergenza rifiuti a Napoli; nel 2009 avete vinto la sezione “MyFilm” del concorso “A Corto di Idee” indetto dalla Scuola di Cinema Pigrecoemme con IL CAMORRISTA NEL PALLONE, comico intreccio tra calcio e camorra; quest’anno la storica rassegna ‘O Curt, festival del cortometraggio, vi ha omaggiato con una serata dedicata interamente alle vostre opere; gli internauti vi adorano e diffondono ogni giorno di più i vostri video e finalmente anche i media tradizionali, dalla tv ai quotidiani, cominciano a parlare di voi:  e ora chi li ferma più i Tha Jackal?! Se il successo e i riconoscimenti crescono a questa velocità potrebbe diventare concreta la possibilità, come scrivete sul vostro canale di youtube, di “fare i cazzari a vita”?
Magari! In realtà come già detto prima, i nostri interessi sfociano in progetti anche un po’ più seriosi. Ma  questo non toglie che tra l’uno e l’altro  resteremmo sempre cazzari a vita !

È ancora presto per un lungometraggio o il pensiero comincia a stuzzicarvi?
Il pensiero ci stuzzica da 12 anni !

Si può fare l’in bocca al lupo allo “Sciacallo” o non è il caso? Vabbè lasciatemelo passare per questa volta e ricordate che “dovete restare uniti” per continuare a farci divertire.
Dobbiamo restare uniti! E crepi (il lupo, ovviamente).

Una delle ultime fatiche dei The Jackal, presentata al NapoliFilmFestival, si chiama “30 DENARI – la vera storia della Pasqua”, citazioni e omaggi a Sergio Leone e Quentin Tarantino per uno dei corti più esilaranti e geniali che sia mai stato visto.





30 DENARI – LA VERA STORIA DELLA PASQUA

IO SONO MOLTO LEGGENDA

BREAK TO THE FUTURE

IL CAMORRISTA NEL PALLONE

LASCIARSI SU FACEBOOK – MANUELE D’AMORE

2012 VS VANDAMMO

SANTA VS JESUS – ARMA NATALE

L’ULTIMA TRILLATA

IL PICCIONE

LA CHIAMATA

THE GASMAN

THE SIMON EXPERIMENT

VOTA ANTONIO O MUORI

SURREALISMI

NOT ONE FOR – ABULICO

TOKIO EYES – ABULICO





                                                                                      


ERNESTO MAHIEUX: DALLA SCENEGGIATA A “FORTAPASC”

Intervista con l’attore napoletano tra ricordi e progetti futuri con un sogno per Torre del Greco

di Paco De Renzis
(dal numero di settembre del periodico il mediterraneo

La prima volta che ho visto sul grande schermo Ernesto Mahieux è stata nel 2001; il film era “L’Imbalsamatore” di Matteo Garrone e lo sconcerto per una storia così spiazzante ma cinematograficamente folgorante veniva timbrato da un’interpretazione magistrale, perché cruda e naturale. Da allora nessuno dei suoi ruoli è parso simile all’altro, e riscoprendo i film che aveva girato in precedenza negli anni ’80 sembrava evidente la necessità di trovare storie importanti che permettessero all’attore Mahieux di esprimere appieno quelle doti che in teatro erano già emerse nella pluriennale carriera. In Italia erroneamente si pensa al caratterista come a una figura minore nelle opere cinematografiche, mentre dalla commedia all’italiana in poi è grazie alla bravura di tali attori che un’opera diventa armoniosa, interessante e completa e che alcuni dei più grandi interpreti della storia del cinema danno il meglio: Ernesto Mahieux è un caratterista atipico perché non rinchiude le sue interpretazioni in un’unica maschera recitativa anche se la fisicità glielo consentirebbe; i ruoli da lui ricoperti variano dalla figura al limite del macchiettistico ai personaggi dalle sfumature intriganti, incisivo tanto nei toni comici quanto in quelli drammatici, alle prese spesso con personalità ambigue dall’approccio familiare e conciliante che poi si rivelano disoneste e pericolose o pavide opportuniste. Dalla sceneggiata degli esordi, “Giuramento” – “Guapparia” – “Torna” , alle incursioni nel cinema dei giovani autori contemporanei, “Nero Bifamiliare” (Zampaglione) – “Pater Familias” (Patierno) – “Te lo leggo negli occhi” (Santella) – “Un giorno della vita” (Papasso) , dalla prova registica di Giancarlo Giannini, “Ternosecco”, a quella di Fabrizio Bentivoglio, “Lascia perdere, Johnny!”, dal cinema impegnato di “All the invisible children” di Veneruso e “Fortapasc” di Marco Risi alle esperienze con due grandi autori come Scola in “Maccheroni” e Lizzani in “Hotel Meina” , Ernesto Mahieux non ha mai lasciato che il suo passaggio interpretativo risultasse banale o scontato sia che riguardasse un ruolo da protagonista come ne “L’imbalsamatore” di Garrone (che gli è valso il David di Donatello) sia che si trattasse di una cameo di pochi minuti come nel bellissimo “Nuovomondo” di Crialese. E tutt’altro che banale è stata anche la conversazione che abbiamo avuto con lui.

Il percorso che l'ha portata a diventare l'attore conosciuto e apprezzato che è ora, è stato caratterizzato da una lunga gavetta e da molteplici sacrifici che l'hanno vista calcare per anni i palcoscenici teatrali prima di arrivare al cinema: c'è stato un momento decisivo lungo questo tragitto in cui ha capito che il suo destino era quello di recitare?
Nel momento in cui ho deciso di fare l’attore e ho visto che il pubblico mi era favorevole ho capito che dovevo continuare, perché al primo dissenso avrei smesso subito. Da quando ho iniziato questa avventura ho sempre avuto la fortuna di avere ottimi consensi sia di stampa che di pubblico. La mia era una passione fortissima ed era un obiettivo che mi ero proposto e imposto.

Che ricordo ha degli esordi cinematografici con la sceneggiata? Com'era lavorare con Mario Merola?
Lavorare con Merola è stato un piacere perché lui era un ottimo compagno di palcoscenico e di vita; ho iniziato con lui a teatro e poi abbiamo girato tre film insieme, 5 anni incantevoli in cui ho imparato tantissimo, era un maestro, consapevole della sua grandezza ma generoso con tutti quelli con cui lavorava. Lui diceva “la gente deve venire a teatro dicendo vado a vedere Mario Merola e se ne deve andare dicendo ma che brava questa compagnia teatrale”, alla stregua di un padre orgoglioso dei complimenti che riceve la sua famiglia.

Ha avuto la fortuna di essere diretto da registi affermati e da autori emergenti, da colleghi che si sono dilettati nella regia e da un fuoriclasse internazionale come Abel Ferrara in NAPOLI NAPOLI NAPOLI: c'è un'esperienza in particolare che ricorda con maggior piacere?
L’esperienza migliore spero sia sempre quella che verrà, la prossima; questo perché per essere sincero mi sono trovato bene con tutti i registi con cui ho lavorato, perché parto dal presupposto che se mi scelgono o comunque mi devono dirigere devo affidarmi a loro e avere rispetto del loro lavoro. Oggi i registi che riescono a lavorare con il cast che hanno in testa si contano sulle dita di una mano, perché per fare un film la produzione quasi sempre impone gli attori con cui girare, per non parlare delle intromissioni della politica nei cast cinematografici; ma io da qualche anno ho la fortuna di essere uno di quelli che se viene richiesto da un regista, il produttore non fa una piega perché, con tanta modestia, ho un nome che può aiutare un film soprattutto di un esordiente. Solo con Crialese ho litigato, però a film montato, perché la mia parte era stata troncata in “Nuovomondo” e non erano questi i patti in fase contrattuale; tanto che ho imposto che il mio nome non comparisse nei titoli di coda.

Negli ultimi anni oltre al cinema è stato interprete di alcune fiction per la televisione e col passare del tempo pare che le opportunità lavorative per gli attori italiani arrivino sopratutto dal piccolo schermo. A parte le ovvie differenze produttive e strettamente economiche riguardanti la vostra categoria come giudica la qualità di questi lavori per la tv dalla doppia prospettiva di attore e di semplice spettatore?
Il fenomeno fiction cresce perché più c’è crisi più si produce materiale per la televisione perchè la gente resta in casa non avendo soldi da spendere per uscire ed è inchiodata davanti alla tv. Certo lavorare nelle fiction, quelle fatte bene, per me è un piacere perché permette una maggiore visibilità e l’immediatezza di arrivare subito nelle case; non sempre quando lavori nel cinema vedi la tua fatica arrivare all’obiettivo della distribuzione, quindi della visibilità pubblica.

Tra i ruoli più significativi e probabilmente più emozionanti per lei c'è senz'altro Sasà, il caporedattore della cronaca a Torre Annunziata in FORTAPASC. Finalmente dopo due anni la Rai ha deciso di mettere in onda nel mese di settembre l'opera di Marco Risi sulle ultime settimane di vita del giornalista Giancarlo Siani; eppure non è mancata la polemica di turno che ha spinto il sindaco di Torre Annunziata, Starita, a scrivere alla Rai per esprimere la propria amarezza per la decisione di programmare sulle reti pubbliche un film che mostra un periodo in cui la cittadina che amministra era caratterizzata dallo strapotere della camorra e dalle collusioni tra malavita, politica e imprenditoria, senza nemmeno provvedere a "integrare" la visione di FORTAPASC con un documentario che racconti come è cambiata da allora Torre Annunziata. Appena letta la notizia della lettera del sindaco cosa ha pensato?
FORTAPASC è un film importantissimo che andrebbe fatto vedere una volta a settimana e soprattutto ai giovani. Il film è innanzitutto datato, parla di un’epoca ben precisa della storia di Torre Annunziata, poi per fortuna c’è stata un’evoluzione, un cambiamento della cittadina che non è in discussione. La proiezione di quest’opera può solo aiutare a migliorare; quello che racconta il film è accaduto a Torre Annunziata ma poteva avvenire in altri posti dove sono morti tanti martiri delle mafie come Giancarlo Siani; basti pensare a Cinisi e a Peppino Impastato. Purtroppo Torre Annunziata fa parte di quel sud del mondo che è stato sempre trascurato dai nostri governanti di ieri, di oggi e speriamo non da quelli di domani.

Ora vive a Torre del Greco e la passione per il cinema l'ha portata ad ideare una rassegna per dare visibilità ai giovani che vogliono cimentarsi nella regia di cortometraggi approfittando nello stesso tempo per promuovere gli artisti incisori della città del corallo; l'organizzazione del Corto Cameo Film Festival era a buon punto poi la prima edizione che doveva tenersi a settembre è stata rimandata. Quali sono i motivi che vi hanno costretti al rinvio? Può già annunciare una data precisa per l'inizio del festival?  
Purtroppo siamo in piena crisi, si credeva il peggio fosse passato e invece pare sia appena iniziata la fase più critica di questa destabilizzazione economica. Il nostro festival era finanziato esclusivamente da privati che negli ultimi mesi facendo i conti con tale crisi addirittura stanno lottando per la sopravvivenza delle loro attività e dei posti di lavoro che ne derivano; e altro non si è potuto fare che rinviare questa prima edizione. La speranza è che il 2012 sia l’anno buono e alcuni colloqui che ho avuto con delle persone in queste settimane mi fanno essere fiducioso. Ci tengo molto a questo festival che ho ideato perché più che per il Cinema lo voglio fare per la città in cui vivo da 36 anni: Torre del Greco è bellissima e deve essere rivalutata in tutta la sua bellezza e nel mio piccolo voglio che in futuro, quando non ci sarò più, magari qui si ricordino di me perchè con questo festival, che mi auguro diventi un appuntamento fisso, avrò fatto qualcosa di buono per la città.

Il suo ultimo film, UN GIORNO DELLA VITA,  è una bella favola sul cinema che però, come succede troppe volte alle opere dei registi esordienti, ha avuto scarsa distribuzione. Ha qualcosa in cantiere in questo momento, qualche progetto già in lavorazione? quando potremo rivedere Ernesto Mahieux sul grande schermo?
Sto girando un’opera prima della regista Elisa Fuksas che s’intitola NON PARTO NON RESTO, una storia sulla crisi dei trentenni, sull’incertezza eterna che, come dice chiaramente il titolo, fa cambiare idea proprio mentre si sta per mollare; penso ne verrà fuori davvero un buon film e il mio è un bel personaggio finalmente positivo dopo troppi ruoli ambigui. A breve inizio a girare LA MOGLIE DEL SARTO  di Massimo Scaglione, con protagonista Maria Grazia Cucinotta, un film ambientato in Calabria in cui faccio un personaggio molto divertente. Entrambi questi lavori dovrebbero uscire al cinema nel 2012. Poi c’è AMERIQUA una commedia di Bellone e Consonni che ho già girato ma non trova distribuzione. Per chi mi volesse vedere a teatro torneremo ancora con la trasposizione di GOMORRA, al quinto anno di repliche; e con uno dei progetti a cui sono più legato, ROMEO E GIULIETTA- NATI SOTTO CONTRARIA STELLA, nella messinscena della famosa tragedia di Shakespeare però in stile elisabettiano, cioè solo con attori uomini…purtroppo ad oggi non c’è un solo teatro napoletano che si sia reso disponibile a mettere in cartellone questo spettacolo. Così come per la distribuzione cinematografica anche la programmazione teatrale è malata…ogni anno girano sempre gli stessi nomi nei cartelloni cittadini, chissà perché. 


LUCI DELLA CITTA' - Chaplin e l'essenza del Cinema muto


Gemma indiscussa è un film di Charlie Chaplin del 1931, Luci della città. Realizzato a pochi anni dalla grande rivoluzione che portò nel cinema il sonoro, City Lights (titolo originale) è un film muto accompagnato semplicemente dalla musica creata apposta dallo stesso Chaplin; furono necessari quasi tre anni di lavorazione e centomila metri di pellicola, intere sequenze girate e rigirate perché tutto venisse come lui voleva. Il regista, naturalmente anche protagonista della pellicola, volle dare un segno ineluttabile della sua genialità arrivando a dichiarare con l’avvento del sonoro: “Il silenzio è l’essenza del cinema. Nei miei film non parlo mai. Non credo che la voce possa aggiungere alcunché alle mie commedie” – per lui il parlato avrebbe guastato l’arte più antica del mondo, la pantomima, e difatti nei titoli di testa di Luci della città il film viene presentato come “commedia romantica in pantomima”. Per fortuna la voce in seguito arrivò nel cinema di Chaplin, e con memorabili risultati (Il grande dittatore - Monsieur Verdoux- Luci della ribalta). Alcune tra le scene più significative dell’opera si reggono esclusivamente sull’espressività di Chaplin, sulla sua capacità comunicativa che descrive una situazione con un semplice sguardo o una caduta: le immagini dei primi piani valgono più di mille didascalie e la sua mimica innalza il film a capolavoro assoluto del cinema muto. A cominciare dall’inizio per l’inaugurazione del monumento cittadino, passando per la perfezione simmetrica dell’incontro di pugilato fino al ricevimento in casa del milionario, Luci della città è un susseguirsi di lezioni di comicità che infatti sono state riprese e citate da migliaia di artisti del genere che ancora oggi studiano quella recitazione fisica per cercare di migliorarsi. Tutto il cinema di Chaplin è improntato sulla ricerca di un profondo significato da trasmettere agli spettatori, e come in altre occasioni anche in questo film la volontà di mostrare alcune atroci realtà fa diventare molte delle risate amare: il confronto tra la mesta dignità del povero e la superbia che contraddistingue la ricchezza è impietoso perché il corso delle storia, nonostante la volontà e le buone azioni, non sovverte lo stato delle cose in un buonismo ipocrita e anche il finale, uno dei più emozionanti di tutta la Storia del Cinema, accosta due stati d’animo contrastanti che rendono unico quell’istante in cui si incrociano per la prima volta gli sguardi dei due protagonisti. L’intreccio tragicomico emblema del lavoro di Chaplin, portò un enorme successo a City Lights soprattutto in quel momento storico (anni ’30) che vedeva la società attraversare una pesantissima recessione economica e si sentiva il bisogno di qualcuno che rappresentasse le speranze e le problematiche quotidiane. Oggi i film muti non vanno più di moda, e non è commercialmente conveniente ripresentarli al pubblico, ma per fortuna le gemme come queste sopravvivono anche alla legge del mercato.

Pasquale De Renzis


PROVINCIA DI NAPOLI: un territorio inadatto alle discariche martoriato dalla gestione emergenziale del ciclo dei rifiuti

di Paco De Renzis
(dati e consulenza prof. Franco Ortolani)

La Provincia di Napoli ha un’estensione di 1171 chilometri quadrati pari a 117.100 ettari ed ha 3.076.000 abitanti circa e una densità di 2627 ab/Km²; è quella che produce più rifiuti di tutti i tipi in Campania. Si è calcolato che in un anno il volume di rifiuti prodotto, agli attuali ritmi di differenziazione, è tale da colmare più o meno 8 stadi costituiti da un campo da calcio e pista di atletica e una tribuna alta circa 10-15 m.
Il professor Franco Ortolani, ordinario della Cattedra di Geologia all’Università Federico II di Napoli e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, ci ha spiegato la conformazione e la particolarità geologica del territorio in questione per meglio comprendere la gravità della situazione in cui si trova buona parte dei cittadini napoletani per colpa della cattiva gestione della questione dei rifiuti.
La provincia di Napoli è costituita solo da rocce molto permeabili che ospitano una falda idrica nel sottosuolo ampiamente utilizzata per uso potabile, agricolo ed industriale. Si tenga presente che solo dalle falde dell’Agro Nocerino - Sarnese in due mesi di lavorazione delle fabbriche che producono pelati vengono prelevati 50-60 milioni di metri cubi di acqua potabile.
Circa 10.000 ettari del territorio sono inclusi in aree ambientalmente protette che rappresentano anche le zone disabitate o poco urbanizzate come il territorio del Somma - Vesuvio, parte dei Campi Flegrei e della Collina dei Camaldoli, i Monti Lattari. La maggior parte del territorio provinciale rimanente è rappresentato da aree interamente urbanizzate e da una parte di aree agricole miste a quelle abitate. Il territorio attorno ai Campi Flegrei e al Somma - Vesuvio è caratterizzato da molte cave a fossa per l’estrazione di tufi, lave, pozzolane e sabbie vulcaniche; alla base dei rilievi calcarei del Nolano e dei Monti Lattari sono state realizzate varie cave per l’estrazione di roccia.
Nel sottosuolo di tutta la Provincia si trovano falde idriche a profondità variabili da qualche metro a diverse decine di metri; le idrostrutture principali sono rappresentate dai Campi Flegrei ed in particolare dalla Collina dei Camaldoli, dal Monte Somma - Vesuvio e dai rilievi calcarei. In tutte le aree pianeggianti avviene una diffusa infiltrazione delle acque piovane che va a rimpinguare le falde che si trovano generalmente a pochi metri di profondità.
Per le caratteristiche idrogeologiche, ambientali e la diffusa urbanizzazione (al di fuori della Collina dei Camaldoli e del Somma - Vesuvio) in tutto il territorio provinciale non è possibile realizzare impianti che disperdano inquinanti nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee; queste sostanze entrerebbero, prima o poi, nel ciclo biologico.
Nel Decreto Legge 90/08 sono stati individuati tre siti, per la realizzazione di discariche di rifiuti non selezionati, ubicati in aree ambientalmente protette: la cava del POLIGONO a Chiaiano nel Parco Regionale delle Colline dei Camaldoli, le cave SARI e VITIELLO a Terzigno nel Parco Nazionale del Vesuvio e per di più in zone SIC (Sito di Interesse Comunitario) e ZPS (Zona di Protezione Speciale). Tutte e tre le cave sono del tipo a fossa, scavate nel sottosuolo per varie decine di metri e rappresentano la morfologia più facile da usare perché si tratta di riempire un grosso buco. C’è l’insuperabile problema che dopo 15-20 anni al massimo non si può più garantire che non si disperda il percolato nel sottosuolo e nella falda sottostante, anche se l’impermeabilizzazione alla base dei rifiuti è realizzata secondo legge e nel migliore dei modi. Dopo 15-20 anni, infatti, i teli e lo strato di argilla perdono la loro impermeabilità. Una volta che la cava è stata riempita con decine di metri di rifiuti diventa un nuovo giacimento geologico che per l’eternità rimarrà in quel luogo; non sarà possibile fare manutenzione alla base dei rifiuti che non essendo differenziati costituiscono una miscela di rifiuti solidi urbani e rifiuti provenienti da altre attività che andrebbero smaltiti in altri tipi di discariche.
La Campania, nemmeno dopo 16 anni di emergenza gestita direttamente dai vari governi nazionali, è riuscita a far si che il proprio territorio venisse dotato di discariche per rifiuti speciali, pericolosi, tossici e di materiale industriale.
Come evidenziato da varie inchieste della magistratura, la Campania è una consolidata importatrice di rifiuti extraregionali, pericolosi in vario modo, grazie alle non adeguatamente contrastate attività delle lobbies malavitose che controllano il territorio agevolmente; ne consegue che andrebbe accertato se nelle discariche commissariali militarizzate e inaccessibili vengono scaricati anche rifiuti “non idonei”.
E’ immaginabile che il percolato prodotto dalle discariche commissariali ha poco da invidiare alla pericolosità del percolato che si produce nelle discariche illegali.
Le discariche a fossa realizzate a Chiaiano e Terzigno, esattamente come quelle di Giugliano e Villaricca sono irregolari, andrebbero vietate perché è impossibile ispezionare la base impermeabilizzata e non si può intervenire per effettuare interventi di riparazione e manutenzione della parte più importante e delicata dell’impianto che deve essere sempre perfettamente in grado di impedire la dispersione di liquidi inquinanti nel sottosuolo e nelle falde.
Si deve partire dal fatto che le acque sotterranee servono oggi e saranno indispensabili nel prossimo futuro quando si accentuerà la variazione climatica e la conseguente diminuzione delle precipitazioni piovose.
Si deve evitare, quindi, il loro inquinamento specialmente nelle zone dove avviene la principale ricarica idrica annua delle falde.
Soprattutto per questi motivi nel territorio provinciale non possono essere costruiti inceneritori che brucino rifiuti tal quale misti a rifiuti di altro tipo, come sta accadendo per l’impianto di Acerra; né, tanto meno, discariche di grosse dimensioni che non abbiano sistemi di ispezione e manutenzione agevole per garantire la perfetta impermeabilizzazione alla base dei rifiuti che devono essere comunque selezionati.
Il paradosso che avviene da decenni in Campania riguarda l’inevitabilità delle proteste dei cittadini che solo in questo modo riescono a far valere i propri diritti, come è avvenuto nel caso della decisione del governo di non aprire più cava VITIELLO a Terzigno dopo settimane di reclami e sit - in sul territorio; e parallelamente la sensazione che si avverte ad ogni criticità del problema rifiuti è quella che le istituzioni attendano la fase emergenziale, la ricerchino e la preferiscano per far si che i poteri diventino assoluti e non si abbiano mani legate dalla legislazione vigente in situazioni normali, così da imporre grandi impianti di termovalorizzazione affidati agli speculatori ed aprire discariche non a norma in cui sversare qualsiasi tipo di rifiuto.
Una delle possibili opzioni, se non l’unica, per provare a ristabilire l’ordine e la legalità per la gestione e lo smaltimento della spazzatura in Campania potrebbe essere quella di attuare un progetto speciale per ridurre al massimo la produzione di rifiuti mediante la differenziazione incentivata, il riciclaggio e il riuso incentivato; si dovrebbero attivare impianti regionali per lo sversamento di rifiuti speciali, industriali, pericolosi, e soprattutto dovrebbe entrare in funzione un moderno sistema di monitoraggio e controllo ambientale.
Dando per scontato che occorrerà un periodo di transizione durante il quale dovranno coesistere le discariche attuali con una progressiva differenziazione e l’avvio degli impianti industriali per il trattamento, riciclaggio e riutilizzazione di tutti i materiali estraibili dai rifiuti, occorre ridisegnare un nuovo piano regionale di sviluppo che contempli una adeguata soluzione condivisa (comuni, province, regioni) che tenga conto del ruolo strategico conseguente agli sconvolgimenti ambientali e socio - economici che gli scandali sull’emergenza hanno determinato nella Regione Campania negli ultimi vent’anni. 
Eventuali nuove discariche devono essere realizzate in modo da garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini.



NOSFERATU di F.W.Murnau

di Paco De Renzis


Negli anni venti, l’espressionismo tedesco diede vita ad una delle stagioni più floride ed originali per la cinematografia mondiale: grazie a tre pellicole sconvolgenti nacque il cosiddetto filone dei “film di mostri”. Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene (1919), Il Golem-Come venne al mondo di Paul Wegener (1920) ma soprattutto Nosferatu-Il vampiro di Murnau (1922) mutarono la concezione psicologica dello spettatore cinematografico creando non pochi problemi all’uscita nelle sale.
Da questi capolavori è giusto estrapolare una vera e propria gemma di celluloide come Nosferatu, il più importante e geniale film vampiresco di tutti i tempi. Nel 1922 Murnau, allora giovanissimo con alle spalle una sola prova registica, rimase folgorato dal romanzo di Bram Stoker, Dracula, e decise senza troppe esitazioni di dare vita a questa folgorazione. Ma i problemi a quei tempi non erano pochi: all’epoca del cinema muto i fondi messi a disposizione dai produttori erano esigui  e quasi mai bastavano per pagare i diritti agli autori delle opere letterarie che già allora acquistavano valore inestimabile nel momento in cui questi morivano, come nel caso del Dracula di Stoker. Non bastò questo ostacolo a frenare l’entusiasmo del regista che pur di cominciare il film escogitò con lo sceneggiatore Henrik Galeen, non tanto astutamente, un trucco, cambiò i nomi dei personaggi  ed alcune situazioni del romanzo: la precauzione fu insufficiente tanto da provocare una causa legale intentata dalla vedova di Stoker che, per plagio, ottenne dal tribunale, nel 1925, la distruzione di tutte le copie esistenti della pellicola. L’inaccettabile decisione e l’amore per la sua opera costrinsero Murnau ad ignorare il decreto nascondendo una copia del film, ed è per merito di quel gesto disobbediente se anche a noi è concessa l’opportunità di vedere un’opera tanto impressionante.
Con il fascino del bianco e nero e la capacità ipnotica del cinema muto, Nosferatu racconta la storia di un agente immobiliare, di nome Hutter, che parte per i Carpazi per vendere una proprietà ad un tanto ricco quanto famigerato Conte Orlok. Durante il viaggio sono innumerevoli i segnali che indicano al giovane la straordinarietà dell’esperienza che sta per vivere, ma è solo quando si trova di fronte il conte che si accorge di essere alle prese con una forza sovrannaturale. La paura aumenta con il trascorrere del tempo nel castello di Orlok e con gli incubi che si fanno sempre più reali: la scoperta terrificante arriva quando, inoltratosi nelle stanze del conte in pieno giorno, Hutter trova una bara che scoperchiata rivela la vera identità del padrone di casa. Assalito dal terrore il giovane si rifugia nella propria stanza e risvegliandosi all’improvviso vede la creatura prepararsi per un viaggio in maniera quanto mai insolita: trainato da una carrozza il conte lascia il castello all’interno di quella bara scoperchiata poche ore prima. Così Hutter decide di tornare a casa, a Brema. Stessa destinazione per il conte Orlok, che a bordo di un veliero, il Demeter, arriva in porto non prima di aver cancellato ogni traccia di vita da quell’imbarcazione. Con l’imbarcazione a Brema arriva una tremenda peste, con l’imbarcazione a Brema è giunto il conte Orlok; servirà un sacrificio a sconfiggere il vampiro, ad eliminare la peste. 
“L’ombra di Nosferatu presenta allo stato più puro l’effetto della minaccia. L’ombra si prolunga all’infinito…” questa frase riassume l’idea del terrore emanato da questa storia, e tutto il cinema di genere che verrà in seguito non potrà prescindere dal lavoro di Murnau. Il regista rinuncia alla manipolazione dello spazio scegliendo la concretezza degli scenari naturali ricorrendo a un denso apparato di richiami metaforici e simbolici. Alla figura impressionante di Nosferatu, raffigurato da un diabolico intreccio di pipistrello ed insetto, sono dedicati i momenti più agghiaccianti del film che, grazie alla maestria di Murnau, entreranno di diritto nell’immaginario collettivo rappresentando gli incubi di tantissime generazioni: l’occhio sbarrato che s’intravede tra le assi della bara violata, la sagoma spettrale che si solleva rigida dal sepolcro, l’ombra terrificante che sorge dal nulla per avvolgere le sue vittime. Diverse e molteplici le scelte geniali ed innovative, per quei tempi, che il regista fece durante la lavorazione della pellicola a partire dalle tecniche usate per girarla: montaggio rapido ed inquietante che tende a velocizzare alcuni fotogrammi per rendere angosciosamente fluida la visione; primi piani quanto mai esasperati, molti dei quali creati facendo avanzare gli attori verso la macchina da presa per impaurire lo spettatore; contrasti di luci ed ombre che, in epoca di bianco e nero, risultano una vera e propria invenzione di classe; e per la prima volta vengono marcate le psicologie di tutti i personaggi, non esclusivamente dei protagonisti.
Molto significative le didascalie che accompagnano le immagini, alcune bastano da sole a mettere paura (“e quando attraversò il ponte i fantasmi gli andarono incontro!”); essenziale e psicotica la musica composta da Hans Erdmann, ed è bene ricordare che allora veniva eseguita dal vivo durante la proiezione, anche se nel ’97 James Bernard ha creduto necessario comporne un’altra per modernizzare la colonna sonora, purtroppo non all’altezza dell’originale. Il film per decenni è stato caratterizzato da una leggenda sull’attore protagonista: molti dicevano che Max Schreck (Nosferatu) non esistesse e che l’interprete principale non fosse altro che lo stesso Murnau travestito; altri fecero girare strane storie su Schreck arrivando a dire che era un vero e proprio vampiro scovato in Cecoslovacchia dal regista. Tutte fandonie, almeno così dicono, che però hanno stuzzicato l’inventiva di diversi personaggi tra cui il regista Merhige che nel 2001 ha girato un film, L’ombra del vampiro, che raccontava la vita della troupe di Murnau nei giorni in cui si girava Nosferatu, sottolineando l’ambiguità diabolica di Max Schreck, in questo caso magistralmente interpretato da Willem Dafoe. La verità è che Schreck prima di dedicarsi al cinema fu uno stravagante attore di cabaret, che si sentì talmente coinvolto dal personaggio che doveva interpretare nell’opera di Murnau da adoperare in maniera ossessiva il metodo Stanislavskij per prepararsi, creando attorno a sé un’angoscia permanente soprattutto in chi gli era vicino. Certo le leggende che quest’attore si è portato dietro non hanno trovato facile smentita anche per un nome che tradotto in italiano non lascia tanto tranquilli: MAX SCHRECK = MASSIMO ORRORE!    
I registi, in questi anni, oltre a seguire le orme di Murnau utilizzando le sue tecniche oramai facilitate dalla tecnologia, gli hanno reso omaggio, hanno reso omaggio al suo Nosferatu, in vari modi: Tim Burton, per esempio, nel suo Batman – il ritorno ha battezzato Max Schreck il personaggio del sinistro sindaco di Gotham City interpretato da Christopher Walken; Stanley Kubrick, invece, si è ispirato alla cavalcata selvaggia del carro funebre di Nosferatu per girare le scorribande notturne di Alex e dei suoi drughi protagonisti di Arancia meccanica, oltretutto è da sottolineare la straordinarietà della sequenza in questione che Kubrick girò interamente in retroproiezione.
Nosferatu in oltre ottanta anni di vita ha generato innumerevoli chiavi di lettura, si sono sprecate definizioni che hanno attinto tanto dall’esoterismo che dalla filosofia pura: letture in chiave psico-sociologica, metafisico-esistenziale, romantico-dostoevskiana, psicoanalitica. La complessità di quest’opera ha portato alcuni critici a dare una valenza socio-politica alla pellicola arrivando a considerare il personaggio di Nosferatu come “un tiranno assetato e gonfio di sangue, un miraggio dei paesi da cui nascono i miti e le storie di fate”, imputando al regista una volontà metaforicamente critica nei confronti del suo paese…critica quanto mai opportuna per un paese che da lì a qualche anno si ritroverà in balia di quella peste ideologica che è stato il nazismo.
A parte i significati che si vogliono trovare in questa storia, Nosferatu resta la radice di tutte le paure che il cinema cerca di raccontarci da oltre un secolo, e non c’è ombra che non inquieti dopo aver visto questo film.


Titolo originale Nosferatu, Eine Symphonie des Grauens. Fantastico, b/n durata 96 (87/72) min. - Germania 1922.

Inceneritore di Napoli Est:impatti previsti

Inceneritore di Napoli est: per il TAR niente di irregolare. Ma a chi servirà, nel 2015?
di Franco Ortolani - Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II

I mass media odierni diffondono la notizia che per il Tar del Lazio non vi sono irregolarità amministrative nella procedura di gara per costruire l’inceneritore di Napoli est, ri-ordinato con la legge n. 1/2011 dopo due anni e mezzo che era già stato ordinato, con grande urgenza ma invano, dal DL 90/08. In base a quanto prescritto dalla legge citata, “l'area, in base alla delibera regionale dello scorso aprile, sarà affidata al soggetto che si aggiudicherà la gara una volta concluse le procedure per l'assegnazione dei lavori.”
Si tenga presente che l’area individuata è ubicata in un sito inquinato di interesse nazionale dove suolo, sottosuolo e acque sotterranee sono inquinati almeno fino a 15 metri di profondità. Il sito deve essere “rinaturalizzato” prima della costruzione dell’impianto per avere la certezza che si non si avvii un impianto, a notevole impatto ambientale, in una zona già inquinata; è ovvio che solo persone molto ingenue o in mala fede possono pensare che si disinquini mentre si costruisce l’impianto. Il territorio circostante l’impianto risentirà effetti positivi o negativi in relazione a quanto si farà nell’area dove dovrebbe sorgere l’inceneritore.
E’ evidente che il Comune di Napoli deve essere certo che i lavori di disinquinamento saranno realizzati seriamente e in modo tale da garantire il totale disinquinamento del sito prescelto. Ma attualmente il Comune di Napoli come fa ad avere la certezza che il disinquinamento sarà eseguito efficacemente in maniera duratura? Tecnici di fiducia assoluta del Comune (non mercenari o aspiranti mercenari) sono presenti nelle strutture ufficiali nelle quali si deve controllare l’efficacia dei lavori di disinquinamento? Se il Comune di Napoli non può controllare direttamente quello che si sta facendo e che si eseguirà non avrà mai la sicurezza che il disinquinamento sia stato operato efficacemente e in maniera duratura. Non potrà fidarsi di certificati di avvenuto disinquinamento rilasciati da tecnici e strutture pubbliche non controllabili al 100%. Un disinquinamento fasullo dell’area dove è previsto l’impianto comprometterebbe l’uso delle aree a valle dove avviene il deflusso delle acque sotterranee.
Già queste considerazioni evidenziano che, come al solito, la scelta del sito in cui realizzare l’impianto a consistente impatto ambientale, è avvenuta senza valutare preventivamente la fattibilità tecnico-economica-ambientale. Come accaduto per la discarica di Chiaiano tecnici mercenari hanno spergiurato che l’impatto ambientale sarebbe stato molto positivo in quanto sarebbe molto migliorata la qualità ambientale dell’area. Non mi meraviglierei di leggere altre dichiarazioni simili per la valutazione d’impatto ambientale dell’inceneritore di Napoli est. Il Comune di Napoli può chiedere che una commissione multidisciplinare a titolo gratuito (non mercenaria) valuti tecnicamente e scientificamente gli studi di impatto ambientale e quanto fatto e previsto per il disinquinamento. Non a fini scandalistici ma per dare garanzie di serietà ai cittadini.
Naturalmente c’è chi dice che De Magistris dopo aver fatto ingenui proclami ("ripulisco Napoli in 5 giorni") non vuole veramente risolvere il problema rifiuti opponendosi all’inceneritore che rientra tra gli impianti usati in ogni parte civile del mondo. E’ da condividere quanto dichiarato da Pasquino, presidente del Consiglio Comunale che pure si è dichiarato contrario alla realizzazione dell’inceneritore di Napoli est, circa la necessità di eliminare gli sprechi ereditati dalle gestioni sindacali precedenti e di migliorare i servizi.
Ragioniamo ora sui dati disponibili circa la produzione e differenziazione dei rifiuti nel Comune di Napoli usando i dati ufficiali della Regione Campania relativi all’anno 2009 quando i rifiuti totali prodotti ammontavano a 560.000 tonnellate di cui 104.000 t differenziati e 455.000 t indifferenziati con una percentuale di raccolta differenziata del 18,56%.
E’ molto difficile, superando correttamente tutti i problemi esistenti nell’area, pensare che prima del 2015 entrerà in funzione l’inceneritore di Napoli est. Per questa data, mantenendo invariato il quantitativo totale di rifiuti comunali, con una percentuale di differenziazione ragionevolmente sostenibile del 50% i rifiuti differenziati ammonteranno a 280.000 tonnellate.
Come è noto, l’inceneritore potrà bruciare 400.000 t di rifiuti all’anno e dovrà farlo a pieno regime, secondo quanto diffuso dalla stampa, fino al 2023 per garantire il rientro delle spese sostenute per la sua costruzione alla società che lo realizzerà, poi dovrà funzionare a pieno regime almeno fino al 2035 per consentire un congruo guadagno grazie al CIP6.
Con il ritmo dell’incremento della differenziazione degli ultimi 3 anni registrato ufficialmente nella Provincia di Napoli, intorno al 2018-2019 si arriverebbe al 70-80 % circa di raccolta differenziata. Se poi si avvia la filiera del riciclo e riutilizzo dei materiali non si avrà nemmeno il differenziato secco da bruciare.
Questa previsione è semplicemente deleteria per le lobbies parassitarie che ormai hanno pianificato un lauto guadagno ventennale: cosa brucerà nell’inceneritore di Napoli Est? O rifiuti importati oppure…si devono tagliare le gambe all’amministrazione De Magistris!  
Tornando all’aspetto ambientale si deve valutare se l’area prescelta senza una trasparente e sostenibile tecnicamente e scientificamente valutazione delle caratteristiche ambientali, sia idonea per ospitare un inceneritore fino al 2035. Ricordiamo che dal 2015 al 2035 l’inceneritore brucerebbe 8.000.000 di tonnellate di rifiuti rilasciando le particelle emesse per via aerea nelle zone circostanti per un volume di almeno 400.000 t (valutando un 5% di polveri emesse). Dove cadranno tali polveri? In relazione ai venti si accumuleranno prevalentemente nell’area urbana compresa tra la Stazione Centrale, Capodichino, Volla, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio dove si trova anche l’Ospedale del Mare.
Una volta realizzati tutti gli inceneritori ri-ordinati con la legge n.1/2011, a partire dal 2015 e fino al 2035, circa, dovranno essere smaltiti in discarica circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti molto inquinanti prodotti dagli inceneritori.
Se invece la situazione rimane invariata rispetto ad oggi, fino al 2035 si dovranno smaltire in discarica circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti.
Se si attuerà una spinta differenziazione e riciclaggio, fino al 2035 si recupereranno:
-circa 1 milione di tonnellate di materiale organico stabilizzato all’anno pari a circa 20 milioni di tonnellate;
-circa 1,5 milioni di tonnellate di materiale riutilizzabile all’anno pari a 30 milioni di tonnellate;
Circa 500.000 tonnellate di rifiuti all’anno andranno smaltiti in discarica pari a circa 10.000.000 di tonnellate, fino al 2035.
Questa filiera è la più conveniente per garantire la sicurezza ambientale e la salute dei cittadini.
Se nel frattempo saranno costruiti gli impianti previsti dalla legge 1/2011 accadrà subito dopo la loro realizzazione che non potranno adeguatamente funzionare bruciando solo i rifiuti campani. Quindi, o si bruceranno in Campania rifiuti importati, o la raccolta differenziata e il riciclaggio verranno boicottati in Campania, altrimenti gli impianti non potranno funzionare a pieno regime causando perdite economiche notevoli per le imprese. Cosa mai vista!
Ormai tutte le persone in buona fede e normalmente mentalmente abili  hanno capito che seguendo un preciso e collaudato copione messo a punto soprattutto negli ultimi 10 anni da una organizzazione bipartisan, multi istituzionale e multi imprenditoriale-finanziaria ben legata da interessi parassitari tesi a usufruire agevolmente del denaro pubblico facendo finta di lavorare per chiudere l’emergenza rifiuti e basandosi soprattutto sulla “ingenuità” o “fessaggine” della maggioranza dei cittadini, da molti mesi i rifiuti sono fatti accumulare lungo le strade come testimonianza di una grave emergenza rifiuti la cui soluzione può avvenire solo con la costruzione di tre nuovi inceneritori e un gassificatore ordinati dalla legge n.1/11. Non è una novità che: grandi opere, grandi appalti, grandi affari. Per chi? Certamente non per i cittadini ma per l’affiatato gruppo bipartisan e “interrazziale” che finora ha lucrato sullo scandalo rifiuti in Campania. Anna Fava su Left del 29 luglio 2011 ha evidenziato che attualmente, secondo i dati ufficiali dell’Ispra, la Campania è al terzo posto tra le regioni che più bruciano rifiuti subito dietro la Lombardia e l’Emilia Romagna. Con l’inceneritore di Napoli est balzerebbe al primo posto.
E’ ora che i cittadini campani comincino a chiedersi: - come mai vengono svenduti il loro territorio e la loro salute; - chi sono gli svenditori e gli interessi di chi fanno; - come mai la legge n. 1 del 2011 ha cancellato la realizzazione di ben quattro discariche (domanda retorica: erano irrealizzabili); - ma se erano irrealizzabili perché 3 anni fa con il DL 90/08 erano state ordinate dal Governo? - per prendere ulteriormente in giro i cittadini campani garantendo loro una perpetua situazione emergenziale e di pre disastro ambientale-sanitario?.
Si dice che Gesù Cristo sia stato svenduto per 30 denari: da gennaio 2011 la svendita della salute dei cittadini napoletani vale circa 400 milioni di euro che saranno pagati dai napoletani stessi per la realizzazione dell’inceneritore di Napoli est.