mercoledì 28 settembre 2011

PROVINCIA DI NAPOLI: un territorio inadatto alle discariche martoriato dalla gestione emergenziale del ciclo dei rifiuti

di Paco De Renzis
(dati e consulenza prof. Franco Ortolani)

La Provincia di Napoli ha un’estensione di 1171 chilometri quadrati pari a 117.100 ettari ed ha 3.076.000 abitanti circa e una densità di 2627 ab/Km²; è quella che produce più rifiuti di tutti i tipi in Campania. Si è calcolato che in un anno il volume di rifiuti prodotto, agli attuali ritmi di differenziazione, è tale da colmare più o meno 8 stadi costituiti da un campo da calcio e pista di atletica e una tribuna alta circa 10-15 m.
Il professor Franco Ortolani, ordinario della Cattedra di Geologia all’Università Federico II di Napoli e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, ci ha spiegato la conformazione e la particolarità geologica del territorio in questione per meglio comprendere la gravità della situazione in cui si trova buona parte dei cittadini napoletani per colpa della cattiva gestione della questione dei rifiuti.
La provincia di Napoli è costituita solo da rocce molto permeabili che ospitano una falda idrica nel sottosuolo ampiamente utilizzata per uso potabile, agricolo ed industriale. Si tenga presente che solo dalle falde dell’Agro Nocerino - Sarnese in due mesi di lavorazione delle fabbriche che producono pelati vengono prelevati 50-60 milioni di metri cubi di acqua potabile.
Circa 10.000 ettari del territorio sono inclusi in aree ambientalmente protette che rappresentano anche le zone disabitate o poco urbanizzate come il territorio del Somma - Vesuvio, parte dei Campi Flegrei e della Collina dei Camaldoli, i Monti Lattari. La maggior parte del territorio provinciale rimanente è rappresentato da aree interamente urbanizzate e da una parte di aree agricole miste a quelle abitate. Il territorio attorno ai Campi Flegrei e al Somma - Vesuvio è caratterizzato da molte cave a fossa per l’estrazione di tufi, lave, pozzolane e sabbie vulcaniche; alla base dei rilievi calcarei del Nolano e dei Monti Lattari sono state realizzate varie cave per l’estrazione di roccia.
Nel sottosuolo di tutta la Provincia si trovano falde idriche a profondità variabili da qualche metro a diverse decine di metri; le idrostrutture principali sono rappresentate dai Campi Flegrei ed in particolare dalla Collina dei Camaldoli, dal Monte Somma - Vesuvio e dai rilievi calcarei. In tutte le aree pianeggianti avviene una diffusa infiltrazione delle acque piovane che va a rimpinguare le falde che si trovano generalmente a pochi metri di profondità.
Per le caratteristiche idrogeologiche, ambientali e la diffusa urbanizzazione (al di fuori della Collina dei Camaldoli e del Somma - Vesuvio) in tutto il territorio provinciale non è possibile realizzare impianti che disperdano inquinanti nell’aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee; queste sostanze entrerebbero, prima o poi, nel ciclo biologico.
Nel Decreto Legge 90/08 sono stati individuati tre siti, per la realizzazione di discariche di rifiuti non selezionati, ubicati in aree ambientalmente protette: la cava del POLIGONO a Chiaiano nel Parco Regionale delle Colline dei Camaldoli, le cave SARI e VITIELLO a Terzigno nel Parco Nazionale del Vesuvio e per di più in zone SIC (Sito di Interesse Comunitario) e ZPS (Zona di Protezione Speciale). Tutte e tre le cave sono del tipo a fossa, scavate nel sottosuolo per varie decine di metri e rappresentano la morfologia più facile da usare perché si tratta di riempire un grosso buco. C’è l’insuperabile problema che dopo 15-20 anni al massimo non si può più garantire che non si disperda il percolato nel sottosuolo e nella falda sottostante, anche se l’impermeabilizzazione alla base dei rifiuti è realizzata secondo legge e nel migliore dei modi. Dopo 15-20 anni, infatti, i teli e lo strato di argilla perdono la loro impermeabilità. Una volta che la cava è stata riempita con decine di metri di rifiuti diventa un nuovo giacimento geologico che per l’eternità rimarrà in quel luogo; non sarà possibile fare manutenzione alla base dei rifiuti che non essendo differenziati costituiscono una miscela di rifiuti solidi urbani e rifiuti provenienti da altre attività che andrebbero smaltiti in altri tipi di discariche.
La Campania, nemmeno dopo 16 anni di emergenza gestita direttamente dai vari governi nazionali, è riuscita a far si che il proprio territorio venisse dotato di discariche per rifiuti speciali, pericolosi, tossici e di materiale industriale.
Come evidenziato da varie inchieste della magistratura, la Campania è una consolidata importatrice di rifiuti extraregionali, pericolosi in vario modo, grazie alle non adeguatamente contrastate attività delle lobbies malavitose che controllano il territorio agevolmente; ne consegue che andrebbe accertato se nelle discariche commissariali militarizzate e inaccessibili vengono scaricati anche rifiuti “non idonei”.
E’ immaginabile che il percolato prodotto dalle discariche commissariali ha poco da invidiare alla pericolosità del percolato che si produce nelle discariche illegali.
Le discariche a fossa realizzate a Chiaiano e Terzigno, esattamente come quelle di Giugliano e Villaricca sono irregolari, andrebbero vietate perché è impossibile ispezionare la base impermeabilizzata e non si può intervenire per effettuare interventi di riparazione e manutenzione della parte più importante e delicata dell’impianto che deve essere sempre perfettamente in grado di impedire la dispersione di liquidi inquinanti nel sottosuolo e nelle falde.
Si deve partire dal fatto che le acque sotterranee servono oggi e saranno indispensabili nel prossimo futuro quando si accentuerà la variazione climatica e la conseguente diminuzione delle precipitazioni piovose.
Si deve evitare, quindi, il loro inquinamento specialmente nelle zone dove avviene la principale ricarica idrica annua delle falde.
Soprattutto per questi motivi nel territorio provinciale non possono essere costruiti inceneritori che brucino rifiuti tal quale misti a rifiuti di altro tipo, come sta accadendo per l’impianto di Acerra; né, tanto meno, discariche di grosse dimensioni che non abbiano sistemi di ispezione e manutenzione agevole per garantire la perfetta impermeabilizzazione alla base dei rifiuti che devono essere comunque selezionati.
Il paradosso che avviene da decenni in Campania riguarda l’inevitabilità delle proteste dei cittadini che solo in questo modo riescono a far valere i propri diritti, come è avvenuto nel caso della decisione del governo di non aprire più cava VITIELLO a Terzigno dopo settimane di reclami e sit - in sul territorio; e parallelamente la sensazione che si avverte ad ogni criticità del problema rifiuti è quella che le istituzioni attendano la fase emergenziale, la ricerchino e la preferiscano per far si che i poteri diventino assoluti e non si abbiano mani legate dalla legislazione vigente in situazioni normali, così da imporre grandi impianti di termovalorizzazione affidati agli speculatori ed aprire discariche non a norma in cui sversare qualsiasi tipo di rifiuto.
Una delle possibili opzioni, se non l’unica, per provare a ristabilire l’ordine e la legalità per la gestione e lo smaltimento della spazzatura in Campania potrebbe essere quella di attuare un progetto speciale per ridurre al massimo la produzione di rifiuti mediante la differenziazione incentivata, il riciclaggio e il riuso incentivato; si dovrebbero attivare impianti regionali per lo sversamento di rifiuti speciali, industriali, pericolosi, e soprattutto dovrebbe entrare in funzione un moderno sistema di monitoraggio e controllo ambientale.
Dando per scontato che occorrerà un periodo di transizione durante il quale dovranno coesistere le discariche attuali con una progressiva differenziazione e l’avvio degli impianti industriali per il trattamento, riciclaggio e riutilizzazione di tutti i materiali estraibili dai rifiuti, occorre ridisegnare un nuovo piano regionale di sviluppo che contempli una adeguata soluzione condivisa (comuni, province, regioni) che tenga conto del ruolo strategico conseguente agli sconvolgimenti ambientali e socio - economici che gli scandali sull’emergenza hanno determinato nella Regione Campania negli ultimi vent’anni. 
Eventuali nuove discariche devono essere realizzate in modo da garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini.



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