martedì 27 settembre 2011

IL NAPOLI E L’EQUIVOCO TATTICO DA EVITARE




Dopo 4 giornate di campionato e una di Champions League sarebbe affrettato e probabilmente da stupidi tirare conclusioni o pontificare da altarini critici gli errori che sono stati commessi. Il Napoli è partito talmente forte che non si sapeva più che aggettivi usare, quali obiettivi indicare per una squadra così esplosiva e in palla; poi è bastato il turn over di Verona con prestazione a dir poco ridicola senza nemmeno un tiro a porta e sconfitta contro il Chievo più scarso da quando si trova in serie A, per abbattere moralmente oltre che buona parte dell’ambiente anche quei titolarissimi che avevano tanto impressionato. Il pareggio con la Fiorentina ci può stare, tutti i risultati ci stanno e il paradosso è aggrapparsi alle statistiche o alla cabala; il pareggio con la Fiorentina ci sta perché i viola hanno giocato meglio tirando più volte a porta, facendo girare la palla e controllando quell’avversario che appena una settimana prima pareva andare a mille contro i campioni d’Italia; Mihailovic non ha fatto catenaccio come ha detto qualche lecchino di Mazzarri, ha imbrigliato la manovra napoletana non permettendo le ripartenze, non prendendo l’iniziativa lasciandola agli azzurri che non hanno mai saputo imporre un proprio gioco diventando prevedibili se devono impostare una manovra offensiva partendo a compagini schierate, quindi non potendo sfruttare il contropiede. Già il contropiede. Non vorrei che il Napoli di Mazzarri rischiasse l’equivoco tattico: addirittura inarrestabile quando si trova al cospetto di squadre abituate ad imporre il gioco, a fare la partita  e di conseguenza ad offrire il fianco al contropiede del “branco di cannibali”, del tutto inadatto a costruire un’azione con verticalizzazioni e logiche manovre che passino dal centrocampo per poi arrivare in area dagli attaccanti. Gli attaccanti del Napoli in area non ci sono, perché l’equivoco tattico li porta fin troppo bassi a doversi inventare qualcosa, il Napoli è Lavezzi-dipendente perché solo il Pocho riesce a tagliare le difese avversarie schierate creando una superiorità ed è l’unica vera alternativa al modulo mazzarriano per eccellenza del lancio lungo dei difensori sulle ali che si spompano per novanta minuti non arrivando sempre lucide ai cross o alle conclusioni. L’acquisto di Inler doveva, dovrebbe ampliare le variabili tattiche di Mazzarri permettendo al Napoli di far passare il pallone quanto più è possibile dal centrocampo per far avanzare maggiormente il baricentro della squadra, portando almeno due dei tre del tridente delle meraviglie in area con l’altro a venire incontro al portatore di palla così da moltiplicare le possibili azioni offensive dando a colui che ha il possesso palla numerose alternative per il passaggio e non più solo l’obbligo di allargare sulle fasce. Il possesso palla è un’altra stranezza del modulo mazzarriano, perché il Napoli ad ogni partita punta a tenere palla spesso con fraseggi prolungati che però hanno il grosso difetto di non velocizzare la manovra e quindi di disarmare il suo punto di forza che è nel tridente Lavezzi-Hamsik-Cavani; c’è un motivo per cui il mister toscano desidera questo possesso palla prolungato, ed è quello di permettere all’improvviso le aperture sulle fasce alle ali che possono a volte usufruire degli spazi che si possono venire a creare grazie all’accentramento degli avversari risucchiati dai fraseggi napoletani; ma ovviamente questo non può andare sempre a buon fine ed esistono allenatori italiani che tutta la settimana studiano con i semplici movimenti del 4-4-2 come imbrigliare fasce e centrocampo del Napoli…e molte volte ci riescono, anche grazie al fatto che il Napoli non è formato da fini palleggiatori e il prolungato possesso palla porta molte volte ad errori banali. L’equivoco tattico potrebbe risultare devastante nel momento in cui ci fosse l’impossibilità di creare un’alternativa offensiva, e quindi può diventare emblematico il match perso a Verona con tutte le seconde linee; ma secondo me è ancor più emblematico il pareggio con la Fiorentina con tutti i titolarissimi in campo, quindi con la squadra che dovrebbe giocarsela con qualsiasi avversario quest’anno e che può farlo come dimostrato con Manchester City e Milan. Ma contro i viola gli azzurri non sono mai stati pericolosi, tranne che per una punizione battuta con furbizia che ha permesso a Cavani di sfiorare il palo con un diagonale; c’erano due rigori grossi come una casa ma purtroppo l’incompetenza arbitrale fa parte del gioco; ma il vero problema è che a distanza di un anno, anzi meno, Mihailovic è venuto a giocare al San Paolo ricordandosi di aver imbrigliato il Napoli conquistando il pareggio nello scorso campionato ed è venuto a giocare una partita simile, anzi cambiando atteggiamento una volta resosi conto che poteva osare e quasi quasi vincere la partita; e di contro gli azzurri erano inefficaci, spaesati, poco reattivi, e non atleticamente calati come qualcuno ha detto, tanto che se qualcosa si è visto è venuto fuori nell’ultima mezz’ora dimostrando che muscoli ed ossigeno non mancavano, ma tatticamente poveri e prevedibili. Le partite prima di tutto non si devono perdere ed è la nota positiva del Napoli nella gara con la Fiorentina, tanto che uno dei migliori non caso è stato senza dubbio Morgan De Sanctis; eppure questo inizio stagione deve valere come insegnamento, un’esperienza che porti uno degli allenatori più promettenti dello scenario europeo a non fossilizzarsi su una dimensione tatticamente presuntuosa e purtroppo non sempre redditizia, perché la crescita sta nel portare ciò che l’anno scorso è arrivato trionfalmente, ad essere confermato e migliorato grazie al tentativo di diminuire sempre di più gli errori in fase di preparazione di una gara e quelli che inevitabilmente si notano durante la partita. Credo che per questo una società decida di puntare su un allenatore e un gruppo fisso di giocatori  per un progetto ambizioso a lunga scadenza: la crescita graduale come primo obiettivo e visto che fino ad ora i risultati sono arrivati e l’ascesa non ha motivi per esser interrotta, c’è da dimostrare i propri meriti con il passo più difficile e forse quello più intrigante…mantenere in piedi il giocattolo fin qui costruito portandolo a un livello superiore, senza snaturarlo, certo, ma creando i presupposti per cui i propri pregi non diventino gli ostacoli principali alla agognata crescita.



P.D.R.

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