mercoledì 28 dicembre 2011

INTERVISTA A FEDERICO VACALEBRE Il “Virgilio” napoletano dell’avventura musicale di John Turturro


Per immergersi e orientarsi nell’immaginifica vastità dell’universo della musica napoletana John Turturro non poteva trovare migliore collaboratore di Federico Vacalebre, giornalista e redattore de Il Mattino, ideatore e direttore artistico del Premio Carosone, consulente dell’Archivio Sonoro della Canzone Napoletana; grazie alla sua competenza ed enciclopedica conoscenza dell’argomento il critico musicale napoletano ha supportato il regista italo – americano nella scrittura di soggetto e sceneggiatura di “Passione”, vivendo da protagonista la nascita e l’evoluzione di questa “avventura musicale”.

Come è nata la collaborazione con Turturro? Vi conoscevate o è stato il progetto di quest’opera a farvi incontrare per la prima volta?
“Non conoscevo John di persona, ma solo per i suoi film. Il produttore Carlo Macchitella che, insieme con Luciano Stella della Film Commission Campania, ha dato il la a questa operazione cercandomi per sapere che cosa ne pensavo dell’idea di un film sulla canzone napoletana, mi ha parlato della sua disponibilità ad essere coinvolto; così ci siamo incontrati per la prima volta a Roma, eravamo ancora alla vigilia delle elezioni presidenziali americane: lui indossava la spillona “Yes we can”. E quello è diventato il nostro slogan: yes we can, Obama può vincere e noi possiamo fare un film su cantaNapoli nel terzo millennio. Così è stato”.

Vista la particolarità di “Passione”, che di certo non può essere definito un film né un documentario tradizionale, in che modo avete proceduto in fase organizzativa e di scrittura?
“Siamo partiti dalle canzoni, all’inizio il mio compito era quello del consulente musicale. Ho preparato a John cd con centinaia di canzoni in diverse interpretazioni, gli ho raccontato i generi e gli stili della canzone napoletana classica e moderna, fornito dei libri di orientamento, mostrato facce e corpi, tradotto testi e vite di autori e interpreti. Scelte le canzoni siamo passati alla scelta degli interpreti e degli arrangiamenti, poi, dopo i primi sopralluoghi napoletani, è iniziato il work in progress della scrittura, abbiamo messo mano a soggetto prima e sceneggiatura dopo ambientando ogni canzone, scegliendone la realizzazione (live, playback, simil-sceneggiata) e cercando facce e storie con cui completarle: i fratelli Esposito della Phonotype, Salvatore Palomba, lo chef don Alfonzo, le persone incontrate per strada, i ragazzi canterini. Fondamentale, è stato, poi, il montaggio di Simona Paggi, che ha trovato il ritmo giusto per la nostra narrazione”.


La scelta delle canzoni è avvenuta in base a qualche criterio preciso? L’ultima parola l’ha avuta il regista per la lista definitiva?
“Assolutamente sì. Tranne “’O sole mio”, che non poteva mancare, abbiamo eliminato quelle stranote, cercando capolavori da (ri)lanciare, in alcuni casi da presentare al mondo, cercando di essere il più rappresentativi possibili, ma senza avere la sindrome “enciclopedia”. Di Giacomo e Bovio ci sono, mancano altri autori importanti, come mancano alcuni temi, quello dell’emigrazione ad esempio: volevamo girare “ ’A cartulina ‘e Napule”, ma tra problemi di location e di tempo ci abbiamo dovuto rinunciare, come abbiamo girato diverse canzoni tagliate dal film, per problemi di durata o di riuscita. Probabilmente le vedrete come extra nell’edizione su dvd. Certo, alla fine l’ultima parola era di Turturro, ma abbiamo proceduto in perfetta sintonia, si è fidato del suo “Virgilio”,, come mi ha definito con eccesso di bontà”.


Molti critici hanno sottolineato alcune assenze nella selezione musicale, sia per quanto riguarda le canzoni che il cast di artisti: premettendo che , a mio parere, non basterebbe un documentario di dieci ore per includere tutte le canzoni e gli artisti napoletani meritevoli di citazione, c’è una rinuncia che personalmente ti è risultata più dolorosa?
“Avrei voluto Giulietta Sacco, regina della canzone napoletana, ma si è praticamente ritirata e non esistevano immagini  d’archivio che le rendessero giustizia. Mi dispiace, e a John pure, non avere raccontato Murolo, non aver coinvolto Nino D’Angelo ed Enzo Gragnaniello, ma è solo un film, non l’enciclopedia della canzone napoletana. E ci dispiace non avere canzoni strepitose come “Silenzio cantatore”, ma anche “’Na bruna”: è evidente che ci sono scelte di campo, gusti in campo, analisi estetiche e critiche, dall’interno (la mia), e dall’esterno (la sua). Abbiamo conciliato melodia e ritmo, passato remoto e passato prossimo….”.

Quasi tutte le canzoni presenti in “Passione” hanno un’inedita veste sonora rispetto all’originale: per gli arrangiamenti delle nuove interpretazioni i musicisti hanno avuto totale libertà creativa?
“Abbiamo scelto arrangiamenti che ci erano piaciuti, spesso ne abbiamo commissionati di nuovi, per esempio chiedendo a Peppe Barra di incontrare  Max Casella e M’Barka Ben Taleb per una nuova versione di “Tammurriata nera”, o a Raiz di aggiungere Pietra Montecorvino e di nuovo M’Barka per “Nun te scurdà”: scelte in sintonia con gli arrangiamenti di Eugenio Bennato per la Montecorvino, con quelli di Enzo Avitabile (che ha prodotto per noi la “Caravan petrol” con Fiorello, John e Max). A proposito: è uscito il cd della colonna sonora”.

Si è parlato di “Carosello napoletano” per assimilare il vostro lavoro a un progetto del passato, eppure io l’accosterei molto di più a opere quali “Buena Vista Social Club” per la capacità di integrare musica ed immagini raccontando la realtà di un luogo. Grazie anche agli archivi Rai e dell’Istituto Luce, “Passione” diventa un affresco della città di Napoli e della sua storia tormentata e dolorosa: per te cosa ha significato e cosa rappresenta questa avventura musicale?
“Il film di Giannini resta ineguagliabile perché rappresenta l’eufonia napoletana prima che l’armonia fosse perduta. Quello di Wenders ha in Ry Cooder un minimo comun denominatore che noi abbiamo evitato per rendere appieno l’anarchia vitale di cantaNapoli. Per me “Passione” è stata una fondamentale esperienza umana, artistica e professionale”

Da “‘O sole mio” a “Napule è”, da “Era de maggio” a “Nun te scurdà”, in “Passione” la storia della musica partenopea viene rappresentata da alcune perle autoriali e interpretative di epoche diverse: come vedi il panorama contemporaneo della canzone napoletana? Ci sono nuovi talenti che lasciano ben sperare o il groove partenopeo è aggrappato esclusivamente ai musicisti già affermati?
“Ci sono grandi voci e personaggi come Gennaro Cosmo Parlato che nel film propone un’originalissima “Maruzzella”. Ci sono rapper interessanti, ci sono i protagonisti del neapolitan power ancora sulla cresta dell’onda. Ma…credo che serva accettare la sfida della modernità: non sarà bello, ma il remix di “Tu vuo’ fa‘ l’americano” degli australiani Yolanda Be Cool ha fatto il giro del mondo. A Napoli non ci aveva pensato/provato nessuno, e si che fare di meglio sarebbe stato molto facile. CantaNapoli, comunque, resiste e rilancia, grazie anche a “Passione”, speriamo. Il film dopo Venezia e Toronto è stato presentato a Valparaiso nell’ambito delle iniziative del Forum delle culture, uscirà in Francia, Germania e Polonia, e John ha iniziato a testare il responso in America”.
  
(articolo pubblicato sul numero di novembre 2010 de il Mediterraneo)






Pasquale De Renzis

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