mercoledì 12 ottobre 2011

TUTTI PER UNO – il mondo "cambiato" dai ragazzini


L’uso dei bambini nel cinema troppe volte avviene in maniera furbesca così come in molte situazioni riguardanti la comunicazione della nuova era: attirare pubblico mostrandoli e trattandoli come fenomeni da baraccone o il più delle volte per intenerire in maniera ricattatoria il consumatore. Il cinema francese da “Zero in condotta” di Jean Vigo fino a buona parte della filmografia dei fratelli Dardenne passando per quel capolavoro di Truffaut che va sotto il titolo “I 400 colpi” ha sempre ribaltato la funzione dei bambini che la convenzione promozionale imponeva al mercato, fosse esso pubblicitario o cinematografico: i bambini, in queste opere, vivevano i problemi alla stregua degli adulti spesso venendone travolti e subendone conseguenze per la vita. L’abilità narrativa dei cineasti transalpini era nel non dare per scontato che trovandosi al cospetto di protagonisti in tenera età le storie prendessero una piega ben definita e risaputa, e l’evoluzione degli eventi non doveva impietosire lo spettatore ma emozionarlo nell’immedesimazione facendolo tornare piccolo anche se non per forza di cose spensierato e speranzoso. Questa prerogativa di molti dei registi francesi trova riscontro e seguito nell’ultima pellicola di Romain Goupil: l’eleganza di film come “Tutti per uno” sta nel portare alla ribalta questioni serie e problematiche sociali quali l’immigrazione attraverso la delicatezza, la follia e l’entusiasmo dei bambini. La storia viene narrata da Milana, un’anziana signora cecena, nell’anno 2067 e racconta di quando nel 2009 da bambina, a Parigi, rischiò di essere rimpatriata perché così come i suoi genitori non aveva permesso di soggiorno: erano i giorni in cui con controlli a tappeto le forze dell’ordine verificavano la presenza nei quartieri delle città francesi dei “sans papiers”, di clandestini, così da rimpatriarli una volta scovati. Molti di questi controlli avvenivano anche nelle scuole per arrivare a trovare i figli degli immigrati per poi risalire alle famiglie; così quando Youssef, un compagno di classe di Milana, all’improvviso viene prelevato dalla polizia e rimpatriato con genitori e fratelli, alcuni bambini amici della piccola cecena decidono di organizzare una fuga per non permettere che a lei avvenga lo stesso. L’epilogo della storia di Milana, il suo narrarla da un futuro senza razzismo, rimpatri forzati, inutile violenza, sa di utopia ma è anche l’emblema di una necessità di affidare ai più piccoli i possibili cambiamenti di questa società; come se fossero i bambini gli unici legittimi depositari di un’eventuale e inevitabile rivoluzione. Accanto a un gruppo di sorprendenti piccoli interpreti, protagonisti che riescono in maniera pregevole a far scorrere il ritmo della narrazione, c’è una bravissima Valeria Bruni Tedeschi, sempre più versatile e certamente a suo agio in un’opera lodevole e apprezzabile come quella del regista Goupil.    

Pasquale De Renzis


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